venerdì 19 dicembre 2014

La Lega sbarca al Sud, Salvini presenta il simbolo

Il Carroccio varca il Garigliano e si presenta in Italia meridionale. Il segretario: "No ai riciclati in lista". Nell'emblema si rinuncia al colore verde


ROMA - Quello che colpisce del simbolo con cui la Lega Nord varca il fiume Garigliano e punta alla conquista del Sud è l'assenza del verde padano, colore storico del Carroccio: "Campo bianco con un ovale blu e la scritta in giallo e bianco 'Noi con Salvini'. E poi il nome della regione del Centro e del Meridione", spiega il segretario Matteo Salvini in un'affollata conferenza stampa alla Camera. La sala del Mappamondo, infatti, è gremita di parlamentari leghisti ma manca il fondatore, il 'Senatùr' Umberto Bossi. Che però benedice a distanza lo 'sbarco' e mette in guardia il giovane leader delle camicie non più solo verdi dalle "infiltrazioni da parte di signorotti delle tessere e pregiudicati". 

Per questo "l'altro Matteo" sbarra la strada ai 'riciclati', esponenti di altri partiti pronti a salire sul nuovo Carroccio non più separatista ma nazional popolare. Si sono già fatti avanti personaggi come Silvano Moffa, ex Msi, poi An, poi con Fini e infine Pdl; l'ex finiana Souad Sbai e la berlusconiana Barbara Mannucci; l'Ncd Marco Pomarici, già presidente del consiglio comunale di Roma; Mario Landolfi, ex ministro delle Comunicazioni di Silvio Berlusconi. Perciò altolà a chi vuole utilizzare "questo soggetto come un tram su cui salire per salvare la poltrona. Diciamo no a riciclati - spiega Salvini- vogliamo energie fresche. Le esperienze politiche verranno valutate singolarmente, ma non ci sarà il rischio di infiltrazioni e di assalto alla diligenza. E comunque per noi l'onestà e la fedina penale pulita restano le condizioni per aderire", conclude.


Riferito allo scandalo di mafia capitale, sottolinea: "Ci chiedono in tanti di candidarci come sindaco a Roma però, nel rispetto delle autonomie, il sindaco di Roma dovrà essere di Roma - sottolinea l'europarlamentare -  Magari tra le tante persone che ci stanno contattando da Roma ci sarà anche il prossimo sindaco o la prossima sindaca, perché no?". In ogni caso "Roma e Lazio sono in ebollizione, è una cosa assolutamente positiva. Ci sono decine di migliaia di richieste entro la fine dell'anno e con gennaio si parte". E promette: "Inizierò a girare in diverse realtà, girando il Sud ho visto che ora c'è consapevolezza del federalismo, dal Salento alla Campania, da Roma alla Sicilia, c'è voglia di autonomia, non alla Crocetta, ma legata alla responsabilità. Adesso c'è maturità al Centro e al Sud che non c'era 15 anni fa"

Nel suo intervento elogia i meridionali, ma un tempo, quando era ancora un semplice deputato della Lega (interamente) Nord e predicava la secessione riempiendo ampolle con l'acqua del Po, li bistrattava a Pontida con cori da osteria Ma lui si giustifica: "Non abbiamo mai attaccato i cittadini, ma il cattivo governo". 


Poi tocca anche altri punti cruciali dell'attualità politica. Primo fra tutti il tema delle alleanze all'interno del centrodestra. "Non parte una guerra nel centrodestra - chiarisce Salvini - il mio competitor non è Berlusconi o Angelino Alfano, ma è Matteo Renzi. L'obiettivo è quello di arrivare al 51% per governare il paese. Questo progetto non sarà una riedizione di vecchie frittate del passato".
 
Il piano salviniano esclude il ministro dell'Interno: "Non faremo accordi a tutti i costi, per Alfano in questo progetto non c'è spazio - aggiunge il segretario della Lega Nord - l'alternativa a Renzi non la costruisco con chi sta governando con Renzi o a metà, sostenendo alcune riforme. Non ci interessa vincere domani mattina ma costruire qualcosa di buono".

Poi non risparmia una staffilata al premier: "Renzi rispetta i vincoli di bilancio avendo massacrato il Paese. Si chiude il semestre italiano di presidenza europea e non se ne accorge nessuno, neanche gli uscieri. E una marionetta al servizio di Bruxelles". E sull'elezioni del nuovo Capo dello Stato aggiunge: "Mi auguro che il prossimo presidente della Repubblica non sia un servo di Bruxelles, un complice dell'euro, che è una moneta morta, e dell'Europa, che permetta l'esproprio della sovranità italiana".

Non si dimentica di citare anche il leader del M5s: "Se Beppe Grillo vuole parlare seriamente del dopo euro noi ci siamo. Ha smesso di insultarci e questa mi sembra una buona notizia. Ma il suo referendum contro l'euro - conclude - resta una sòla (usa persino un termine romanesco, sinonimo di 'truffa', ndr), una perdita di tempo".

Salvini lancia la sfida al Sud «Ma il nostro Dna non cambia»

«Al Nord rimane la Lega. Da oggi si parte» al Sud ma «dico no a chi pensa di prendere un tram per salvare la poltrona. Onestà e fedina penale sono i prerequisiti per evitare rischi di infiltrazioni». Così il segretario del Carroccio Matteo Salvini a Montecitorio presentando la nuova formazione «Noi con Salvini», con cui la Lega lancia la sfida al Sud. «Non stiamo a fare “ricicleria”. Le esperienze politiche» precedenti - prosegue - «saranno valutate con attenzione», aggiunge. E nel corso della conferenza stampa precisa comunque: «Non cambiamo il nostro Dna: autonomia, federalismo, diritto all’autodeterminazione dei popoli»



«Prossimo capo dello Stato non sia un servo di Bruxelles»
Nel corso della presentazione, Salvini si è espresso anche sul prossimo presidente della Repubblica: «Mi auguro che al Quirinale non ci sia un servo di Bruxelles, un complice dell’euro e dell’Europa, che permetta l’esproprio della sovranità italiana» dice il segretario della Lega Nord.


lunedì 15 dicembre 2014

Matteo Salvini, il sorpasso su Renzi e Grillo: il trionfo del leghista nelle cifre social

L'ascesa di Matteo Salvini si legge anche nei dati relativi ai social network, arma di "battaglia totale" sia per Beppe Grillo sia per Matteo Renzi. Ma, ora, tocca al leghista. Certo, Salvini per numero di follower su Twitter e "seguaci" su Facebook resta alle spalle di Grillo e Renzi, staccato e non di poco. Ma non è soltanto questo che conta, come sottolinea La Stampa:bisogna andare a fondo. E dall'analisi emergono due importanti considerazioni: il popolo di Salvini, oltre alla notevole crescita settimanale(+8,8% su Facebook e +4,2% su Twitter, mentre Renzi e Grillo sono sotto all'1%), risulta anche essere il popolo più coinvolto. Si parla del cosiddetto engagement, ossia le interazioni giornaliere sui social: il leader della Lega riesce a far commentare, condividere o far mettere un "mi piace" al 44% di chi lo segue. Grillo si ferma al 5,3% mentre Renzi appena allo 0,6 per cento. Chi scalda di più il suo popolo, insomma, è il leghista.



Il guru - Il successo di Salvini su Twitter, però, ha un segreto che ha un nome e un cognome: Luca Morisi, docente di Informatica Filosofica a Verona, e guru del segretario del Carroccio. Dal suo studio di Mantova, Morisi infatti decide la strategia di comunicazione e coordina un gruppo di lavoro che gestisce la comunicazione di Salvini. Mentre Salvini è in una trasmissione, infatti, noterete che i suo messaggi su Twitter piovono senza soluzione di continuità: un escamotage fondamentale per chi vuole intercettare telespettatori che, magari, in quel momento erano davanti ad un altro canale ma con il loro tablet in mano (non a caso, una recente ricerca Demos, ha messo in evidenza come il 44% degli italiani si informa in un modo ibrido, abbinando la Rete a un media tradizionale; percenutale che sale al 60% tra chi afferma di essere un elettore leghista).

Le cifre - Come detto, se Salvini è leader per quel che concerne l'engagement, è ancora indietro su altri fronti. Largo ai numeri. Su TwitterRenzi ha 1,48 milioni di followers contro gli 1,620 di Grillo; Salvini si ferma a 86mila. Quindi su Facebook Grillo primeggia con 1,72 milioni di fan, contro i 760mila di Renzi e i 533mila di Salvini. Come detto, però, su entrambi i social il tasso di crescita settimanale degli adepti vede trionfare Salvini, primissimo anche in termini di coinvolgimento e partecipazione dei fan.

La flat tax di Salvini costa meno degli 80 euro

Flat tax al 15% per tutti, contribuenti ed aziende. E un’unica deduzione di 3mila euro, fissa, per ogni contribuente. Eccola in due parole la rivoluzione fiscale della tassa piatta, unica, propagandata da Matteo Salvini e spiegata ieri a Milano dall’americano Alvin Rabushka, economista dell’università di Stanford, e da Armando Siri del Partito Italia nuova. Detta così sembra un paradiso. La Lega spiega bene gli effetti positivi: «Paghiamo tutti, paghiamo meno» è il motto. In effetti le imprese avrebbero una drastica riduzione del peso tributario e potrebbero essere quindi più concorrenziali: un meccanismo che è sinonimo di più posti di lavoro. Altro che Jobs Act. Si incentiverebbe la ripresa produttiva e dei consumi, con un’ulteriore crescita delle entrate Iva. Ma anche la burocrazia farebbe la fame con la flat tax: meno costi per le dichiarazioni dei redditi (non sarebbe difficile fare i conti) e meno costi per dare la caccia gli evasori. Ultimo sollievo per le imprese sarebbe - secondo la proposta del Carroccio - l’abolizione della trattenuta alla fonte: in busta paga ci sarebbe il lordo, per cui stop alle rotture di scatole per tutti i sostituti d’imposta.
Gli effetti negativi - Visti gli effetti positivi, perché lo Stato italiano non ha ancora adottato la flat tax? Beh, ci sono anche effetti negativi. Al di là degli esempi propugnati dalla Lega, chiaramente positivi, c’è da dire che un cristo che dichiara 9mila euro l’anno, cioè un pensionato da 700 euro al mese, con nessuno a carico, pagherebbe 900 euro di Irpef al posto delle attuali 350. Certo un single che fa sapere al fisco di guadagnare 60mila euro all’anno, invece di incamerare quasi 3mila netti, ne porterà a casa mille in più. Al mese. I critici insomma sosterranno che la flat tax aumenta la disuguaglianza sociale, ma - è brutto da dire - il meno abbiente non fa girare l’economia, semmai questa riforma fiscale potrebbe ricreare la classe media, che invece sta scomparendo perché sempre più povera con questo sistema progressivo e distruttivo della ricchezza creata.
La svolta - La domanda delle domande però è un’altra. Lo Stato potrebbe sopportare una svolta epocale del genere? Secondo un articolo de lavoce.info l’Italia ci smenerebbe 100 miliardi l’anno. Peccato che al calcolo manchino delle voci, cioè le detrazioni e le deduzioni sulle persone fisiche. Seguiamo però i calcoli de lavoce.info: ogni anno l’imponibile Irpef è di 800 miliardo e, vista la media delle dichiarazioni dei redditi, l’incasso Irpef è di 163 miliardi. Il fatturato dichiarato dalle società è invece pari a 155 miliardi, quindi visto che l’Ires è fissata al 27,5% il gettito è di 40 miliardi. Lo Stato insomma porta a casa circa 200 miliardi annui. Vediamo ora la proposta leghista sull’Irpef: innanzitutto c’è una deduzione di 3mila euro per ogni abitante, 180 miliardi, per cui il calcolo si dovrà fare su 620 miliardi (800 di imponibile meno 180 appunto): allo Stato con la flat tax andrebbero 93 miliardi. E qua il buco è di 63 miliardi. Passiamo all’Ires: con l’aliquota al 20 al posto che 27,5 per cento la perdita di gettito sarebbe di altri 17 miliardi. Insomma la voragine nelle casse dello Stato ammonterebbe a 126 miliardi.
I conti - Tralasciamo per un attimo i benefici sul Pil (un punto di tasse in meno vale lo 0,72% del Pil in tre anni)... Restiamo ai numeri: con la flat tax non ci sarebbero più sgravi su lavoro e pensioni, quindi circa 60 miliardi di spesa in meno. Ed ecco che il buco scende a 66. Con meno incentivi a evadere e pene più severe per i furbetti («evasori in galera e buttiamo la chiave», dice Salvini), potrebbe riemergere un terzo dell’imponibile non dichiarato. Altri 15 miliardi. Siamo a 50 miliardi. Ma se togliamo 23,6 miliardi di agevolazioni sulle imposte dirette alle imprese e 21 miliardi delle detrazioni (quelle del 19%), quasi quasi lo Stato ci guadagna. Per dare gli 80 euro e nemmeno a tutti Renzi ha speso 10 miliardi. Per niente.

lunedì 24 novembre 2014

"Il pallone di Renzi si sta sgonfiando".









Un exploit importante, considerato che nelle precedenti regionali la Lega aveva fatto registrare il 4,8% nel 2005 e il 13,67% nel 2010. Nelle ultime Europee, invece, aveva preso appena il 5,04%. Matteo Salvini ovviamente è su di giri. E va subito all'attacco, pregustando la possibilità di far sentire ancora più forte la propria voce nel centrodestra. "Il pallone Renzi si sta sgonfiando - scrive su Twitter -. La Lega vola, la nostra comunità cresce ovunque. Pochi amici fra i potenti, tanti amici fra la gente".
"Non passerò la mattinata a dire che bello - dice il segretario del Carroccio ad Agorà, su Raitre -. La Lega ha quadruplicato i voti in sei mesi, sono il leader del centrodestra, il mio impegno è di tornare in Emilia-Romagna con i nostri consiglieri, un risultato storico, e di parlare con quel 60 per cento degli emiliano-romagnoli che è rimasto a casa non convinto da nessuno, il mio problema non era superare Forza Italia o fare una prova di forza all’interno del centrodestra, la mia scommessa, da questo punto di vista riuscita perché siamo solo all’inizio, è dimostrare agli Italia, partendo dall’Emilia-Romagna, che l’alternativa a Renzi c’è: è alternativa dei contenuti". Poi dice che vuole "arrivare al 51 per cento, con più elettori". Esultanza a parte (più che legittima), giova ricordare che per vincere il centrodestra deve assolutamente recuperare il voto moderato, da sempre rappresentato da Forza Italia. A meno che la Lega non modifichi il proprio Dna diventando partito moderato, ma viste le ultime scelte non si direbbe.
Salvini alza la voce anche contro l'asse Pd-Forza Italia per le riforme. "Il patto del Nazareno visto dal centrodestra è una follia. Renzi è un pericolo pubblico per l’economia italiana". E ancora: "Io non lo sostengo neanche se si alza per pettinarsi, quindi non capisco perché Berlusconi insista nel sostenere riforme che stanno massacrando il Paese. I dati economici sono da dopo guerra. Non sostengo chi mi sta ammazzando".

La Lega doppia Forza Italia L’urlo di Salvini: «È storico»



BONDENO (Ferrara) La nuova destra lepenista italiana si fa al bar Dal Mister di Scortichino. A ogni aggiornamento sul sito del Viminale corrisponde un commento di Alan Fabbri seguito dalle risate dei suoi sostenitori che gli stanno alle spalle. «Siamo sopra Bonaccini almeno per un paio di minuti» urla il candidato leghista. «Fatemi una foto prima che torno a essere secondo...». Passano il tempo e le voci corrono più o meno incontrollate. Ma verso le due di notte il buonumore diffuso non sembra solo conseguenza delle abbondanti libagioni. Il crollo dell’affluenza rende possibile ogni sogno, compreso quello del sorpasso sui parenti serpenti di Forza Italia, con i primi dati parziali che dopo lo spoglio di 1.171 sezioni su 4.512 forniscono un punteggio impietoso: 21% leghista contro il misero 8,7% dei berlusconiani (19,42% contro l’8,36 il dato finale, ndr). Matteo Salvini chiama sfidando ogni superstizione. «Non ci posso credere - urla al telefono -. Sopra al 20% è un risultato storico».



Qando qualcuno si prenderà la briga di scrivere la storia del Le Pen nostrano, se mai ce ne sarà una, dovrà per forza inserire la notte delle elezioni regionali di Emilia e Romagna trascorsa in questo locale di una frazione di Bondeno, a pochi chilometri dall’argine destro del Po, accanto a un campo sportivo. Fabbri, candidato con barba e codino di un centrodestra unito solo sulla carta sbriga le formalità in anticipo telefonando al suo rivale, il vincitore annunciato Stefano Bonaccini. «Ce le siamo dette ma senza mancarci di rispetto. E guarda che per non c’è problema, se fai cose che mi piacciono sono disposto a collaborare con te». 

Ma la cronaca impone di raccontare di un posto pieno che non ci stava più neanche uno spillo, dove Alan Fabbri, il sindaco di Bondeno che Salvini ha scelto per la prima verifica importante della nuova Lega Nord, trascorre la sua notte bianca in attesa dei risultati. All’ingresso c’è parcheggiato un trattore avvolto nella bandiera con il Sole delle Alpi. Dentro, appese alle pareti di legno c’è il tripudio di ogni possibile bandiera indipendentista, dai baschi fino alla Nazione Romagna. Sono tutte un gentile omaggio del candidato Alan, quando il Mister decise di aprire il bar. La scelta di aspettare circondato dagli amici stempera la tensione di un passaggio che lo stesso Salvini definisce potenzialmente storico, almeno per lui.

Lo scambio di messaggi tra mentore e delfino non è proprio al livello dell’incontro di Teano, ma questo passa il convento. «Auguri per il derby» scrive Fabbri intorno alle 20. «Mi tocco» risponde Salvini, e non c’è bisogno di scendere nei dettagli. Ai posteri converrà piuttosto consegnare il precedente sms del segretario leghista in pieno afflato obamiano: «Il meglio deve ancora venire». Ancora poche ore e si saprà. Il voto dell’Emilia-Romagna ha rilevanza nazionale quasi solo per questo, per tastare la consistenza del fenomeno Salvini alla prova dei fatti, dopo infiniti rodaggi televisivi. Anche lo scambio preventivo di cordialità con Bonaccini ha un suo senso. Ai convenuti, amici e familiari di Fabbri, non importa un fico secco della vittoria del candidato democratico. La missione emiliano romagnola consiste nel prendere un voto in più di Forza Italia. 

«L’astensione è il nostro primo alleato, come il generale inverno per i russi»ammette Fabbri. Nel bel mezzo dello spoglio il suo distacco da Bonaccini è di 17 punti, 48 a 31%, con posti insospettabili come la provincia di Ferrara dove addirittura è un testa a testa con scarto di poche centinaia di voti. «Saranno anche dati provvisori ma non era mai successo prima, gli stiamo facendo un po’ di paura. Stiamo andando bene, soprattutto come Lega Nord. Quelli di Pd, Forza Italia e Movimento 5 Stelle sono rimasti a casa, i nostri invece hanno votato tutti. Siamo il secondo partito regionale, missione compiuta». 

Fabbri aveva un’asticella da superare, il 13% della vecchia Lega Nord alle Regionali del 2010, ultimo anno prima dell’avvento di Beppe Grillo. Forza Italia è il bersaglio, M5S il granaio dal quale prendere voti. «Come hanno fatto loro con noi. Adesso glieli sfiliamo tutti, uno per volta». La notte è ancora lunga ma partono tutti verso Bologna, con festa per pochi intimi in piazza Maggiore. L’Emilia-Romagna, un tempo rossa, rischia davvero di diventare il primo gradino della scalata di Matteo Salvini al centrodestra italiano. 

mercoledì 5 novembre 2014

Il Sindaco si e' Svegliato!!! infatti sta Piovendo a catinelle !! Cassano, tolleranza zero in centro: proibiti alcol e schiamazzi

Cassano, tolleranza zero in centro: proibiti alcol e schiamazzi

giovedì 23 ottobre 2014

Noleggia un Clandestino anche tu!!

Un bellissimo video  di Umberto Bosco, brillante leghista Emiliano

tutto da guardare!!!

https://www.youtube.com/watch?v=c0UoI75_EL0

martedì 14 ottobre 2014

Salvini e Grillo, fronte comune contro l'euro

Salvini e Grillo, fronte comune contro l'euro
Vuole discutere con Beppe GrilloMatteo Salvini. "I cinque stelle propongono una battaglia contro l'euro? E io chiedo un incontro ufficiale a Grillo. Per confrontare le nostre posizioni sull'euro, sull'immigrazione e sulle proposte di riduzione delle tasse della Lega. Accetterà?", si chiede il leader della Lega Nord. Grillo da parte sua, riporta il Corriere, non commenta. Anche se era stato lui il primo a stuzzicare il Carroccio: "A novembre inizieremo con i banchetti per raccogliere firme per il referendum sull'euro. Vedremo se la Lega manterrà la parola".
In realtà non si sa di che "parola" si tratti. Ma la Lega da anni chiede proprio un referendum anti-euro ed è difficile immaginare che ci saranno due consultazioni separate e distinte. Più facile, invece, è che i due partiti facciano fronte comune. Luca Zaia: "Visto che quella del no all'euro è stata sempre la nostra bandiera Grillo si è finalmente dichiarato e appoggerà le nostre iniziative". E Roberto Maroni: "Noi sosteniamo loro contro l'euro e loro sostengono noi sul referendum per la Lombardia a statuto speciale

mercoledì 8 ottobre 2014

Salvini: «Candidato sindaco? Se me lo chiedono, lo faccio»


Il segretario della Lega si dice disponibile a correre per il vertice di Palazzo Marino: «Piuttosto che continuare con Pisapia...

Io candidato Sindaco di Milano nel 2016? Si, se me lo chiedono lo faccio. Piuttosto che continuare con Pisapia e vedere la città conciata così...»: a dirlo è Matteo Salvini, segretario della Lega Nord, oggi al programma di Rai Radio2 `Un Giorno da Pecora´, condotto da Claudio Sabelli Fioretti e Giorgio Lauro.

martedì 7 ottobre 2014

se FI vota fiducia centrodestra è finito

Jobs Act, Salvini: se FI vota fiducia centrodestra è finito
Giusto poche ore fa, il leader di Forza Italia Silvio Berlusconi è tornato ad auspicare una "rinascita" della coalizione di centrodestra, puntando sulla Lega di Matteo Salvini e sui Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni per costruire un fronte anti-Renzi. Ma dal numero uno del Carroccio, oggi è arrivato un "avviso" al Cavaliere. Salvini, ospite dell'Associazione stampa straniera in Italia, ha spiegato che "se si votasse domani la Lega andrebbe da  sola. Se invece si vota tra 6-8 mesi bisognerà vedere cosa accade in  Forza Italia, bisogna vedere se nascono altri soggetti a noi affini su battaglie economiche, sociali, diritti civili, scuola... Oggi, essendo la Lega in salute, andremmo orgogliosamente e coerentemente da soli". Ma, attenzione: "Se Forza Italia votasse la fiducia sul Jobs act, il centro destra non esisterebbe più" ha avvertito il leader leghista. "Mi auguro che nessuno in Fi abbia  intenzione di mantenere in vita un governo che sull’economia ha fatto solo danni. Se così fosse sarebbe poi un problema politico intavolare qualsiasi discorso con la Lega Nord".

martedì 30 settembre 2014

Salvini nomina un nigeriano responsabile all'immigrazione

Tony Iwoli, 59enne di origini nigeriane, dopo una lunga militanza nella Lega verrà nominato domani responsabile per l'immigrazione del Carroccio
Raffinatezza politica nella Lega dove il segretario Matteo Salvini ha deciso di rendere responsabile del partito per l'immigrazione il nigeriano Tony Iwoli.



Iwoli ha 59 anni e vive in Italia da 38 anni. Dopo aver studiato informatica a Perugia si è sposato a Bergamo con un'italiana con la quale ha avuto due figli. Cittadino italiano milita nel Carroccio sin dagli anni '90. 
Proprio la militanza dalla prima ora lo ha premiato con questo incarico che Salvini annuncerà ufficialmente domani nella sede di via Bellerio, al margine della comunicazione dell'adunata anti immigrazione prevista per il 18 ottobre a Milano. "Per favore, non paragonatemi alla Kyenge, io ho avuto questo incarico perchè sono in Lega da molto tempo, non certo per il colore della mia pelle". Ricorda Iwoli che garantisce di non essere mai stato oggetto di insulti o discriminazione dentro il partito. 

Appena ricevuta la notizia ha fatto sapere che il suo primo pensiero sarà visitare Lampedusa "per verificare la situazione che già sappiamo intollerabile; l'operazione Mare Nostrum è un'autentica follia". 

mercoledì 24 settembre 2014

il giudice ammette: "Per gli stranieri siamo il Paese dell'impunità"

In un'ordinanza d'arresto un gip di Udine denuncia l'inefficienza della giustizia: "I delinquenti vengono qui perché sanno che alla peggio patteggi e poi torni libero"

Lo dice un giudice. Meglio: lo scrive, nero su bianco, in un'ordinanza di custodia cautelare. Razzismo? Improbabile. Francesco Florit, Gip in forza al Tribunale di Udine, parte della sua carriera l'ha costruita all'estero, in una terra difficile come il Kosovo, dove per anni ha guidato la task force inviata dall'Ue ad affiancare la magistratura locale nella ricostruzione del diritto nazionale e dell'amministrazione della giustizia. Rientrato in Friuli, s'è ritrovato a far di conto con criminali di ogni risma. Molti stranieri. Come il quintetto moldavo arrivato in trasferta a Lignano il 9 settembre: preso in affitto un appartamento, i cinque hanno rubato 3 Bmw e in meno d'una settimana tra Udine, Tavagnacco, Monfalcone e Mogliano Veneto hanno svuotato due profumerie ed altrettanti negozi di elettronica, arraffando merce per 200.000 euro. Carabinieri e Polizia li hanno arrestati lunedì, eseguendo il provvedimento emesso da Florit. Un atto da cui trasudano sconforto e senso d'impotenza, con la bandiera bianca che si alza sulle macerie del sistema giudiziario italiano. «L'indagine - sottolinea il Gip - è stata condotta con straordinaria efficienza e coordinazione dalle forze dell'ordine. La mole documentale raccolta è impressionante e incontrovertibile». Eppure non basterà. «Perché alcuni stranieri si fanno migliaia di chilometri per compiere ruberie e altri reati nel nostro Paese?», si domanda Florit. La risposta è al rigo successivo: «Sono convinti che qui da noi se mai ti beccano fai un patteggiamento e ti rimettono in libertà. Sanno che la giustizia non è efficiente e il sistema è tale che, dopo poco, si è rimessi in libertà e si può ricominciare come prima». Suggerimento: «Rispetto a tali condotte, di cui si legge nella cronaca locale con frequenza allarmante, è necessario adottare la giusta severità». Quella che fin qui è mancata, facendo dell'Italia il paradiso dei delinquenti da importazione.
Lo attesta l'Istat: «Il peso della componente straniera tra gli autori dei reati è andato aumentando a partire dagli anni Novanta, mentre prima di allora il fenomeno era trascurabile.
Se nel 1990 gli stranieri erano pari al 2,5% degli imputati, nel 2009 essi rappresentavano il 24% del totale degli imputati». E nel 2012 i delinquenti stranieri costituivano già «il 32,6% dei condannati, il 36,7% dei detenuti presenti nelle carceri e il 45% degli entrati in carcere», con una predominanza, tra essi, di romeni, marocchini e albanesi. Ognuno di loro, quando diventa ospite delle patrie galere, costa al contribuente italiano (fonte: ministero della Giustizia) 123,78 euro al giorno. Ma nessuno ci fa caso: spesso la permanenza dietro le sbarre è limitata.
Esempi? A iosa. A giugno a Ravenna un bulgaro uccide un bambino investendolo sulle strisce. Scappa. Arrestato, patteggia e torna a casa. Passano un paio di settimane: a Nogara un tunisino serra la catena di una mountain bike e la porta via. Bloccato dal proprietario, reagisce massacrandolo. Tratto in arresto, l'indomani è già a spasso per il Paese, mentre la vittima è immobilizzata in ospedale, con 30 giorni di prognosi. Ancora: a luglio un marocchino viene sorpreso con 130 grammi di droga nel parco dei bambini, ad Avezzano: era destinatario di un provvedimento di espulsione mai eseguito. Nel frattempo ha continuato a spacciare tranquillamente. E nel giro di 24 ore riguadagna la libertà patteggiando. Ad agosto è un nordafricano a finire in manette a Parma per lo stesso motivo. Il copione non cambia: patteggiamento, scarcerazione.
È la conferma: per delinquere in santa pace, si può venire in Italia: male che vada, patteggi e torni libero

martedì 16 settembre 2014

I rifiuti del Sud negli inceneritori del NordI rifiuti del Sud negli inceneritori del Nord LE CONSEGUENZE DEL DECRETO «SBLOCCA ITALIA»

I rifiuti del Sud negli inceneritori
del Nord, la maggior parte a Brescia

L’impianto A2A brucerà il 30% in più (un milione di tonnellate l’anno). L’assessore regionale Terzi: «Assurdo. Faremo ricorso alla consulta»



shadow
Si scrive «sblocca Italia». Ma in Lombardia ed Emilia Romagna si leggerà «sblocca rifiuti». Perché il governo Renzi, per risolvere l’annosa emergenza immondizia che attanaglia buona parte dell’Italia meridionale ha deciso per decreto di smaltirla negli impianti del Nord, portando al massimo il loro carico termico. Significa che diversi impianti (da Brescia a Milano, da Bologna a Parma) potranno bruciare fino al 30% in più di monnezza. Il record spetterebbe all’impianto bresciano di A2A, il più grande d’Italia: potrà ricevere oltre 1 milione di tonnellate a fronte delle attuali 780mila incenerite (solo 430 mila tonnellate sono rifiuti urbani di Brescia e provincia). Dove andranno i rifiuti del sud, in primis quelli di Roma e della Campania, dove si trovano ancora centinaia di migliaia di ecoballe da smaltire? La Regione con maggior numero di inceneritori è la Lombardia (13 dei 55 presenti in Italia). Oltre a Brescia la monnezza potrà essere incenerita anche a Milano (compresi gli impianti di Sesto e Trezzo d’Adda), Dalmine ma anche a Cremona. I rifiuti potranno finire anche nei 9 termoutilizzatori dell’Emilia Romagna (seconda in Italia per numero di impianti), in prevalenza a Parma e Bologna. Nella classifica regionale figura poi la Toscana (7 impianti), seguita dal Veneto (4).
Per decreto cadono anche le «quote» di bacinizzazione regionale. Un esempio: l’impianto di Brescia oggi può funzionare per due-terzi con rifiuti solidi urbani provenienti da Brescia e provincia o dalla regione, e solo per un terzo con rifiuti speciali provenienti dal resto Italia. Tra due mesi A2A potrà liberamente decidere di bruciare quello che vuole. Se il fine del Governo Renzi è quello di smaltire in Italia l’eccesso di rifiuti, evitando sanzioni europee, a farne le spese rischia di essere l’aria già malata del Nord. Visto che 250 mila tonnellate di «monnezza» per Brescia equivalgono a 140 tonnellate l’anno di ossidi d’azoto in più. Regione Lombardia e lo stesso Comune stavano spingendo per l’aumento della raccolta differenziata (ferma al 40%) e quindi alla diminuzione futura del conferimento di rifiuti all’inceneritore A2A: a marzo avevano deciso di non aumentarne in sede di Aia (autorizzazione integrata ambientale) la capacità massima di combustione. Ora è il governo che indirettamente per decreto «soddisfa» il sogno della ex municipalizzata (ovvero arrivare al milione di tonnellate l’anno di rifiuti bruciati). Si avvera quindi lo scenario peggiore paventato dagli ambientalisti nostrani, che chiedevano un ridimensionamento dell’impianto bresciano, bruciando i soli rifiuti e biomasse di città e provincia.

Due mesi per adeguarsi, altrimenti interviene il governo
La volontà del consiglio dei ministri è spiegata all’articolo 35 dello Sblocca Italia, approvato venerdì: «Attuare un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti atto a conseguire la sicurezza nazionale nell’autosufficienza e superare le procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore. Tali impianti, individuati con finalità di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale, concorrono allo sviluppo della raccolta differenziata mentre deprimono il fabbisogno di discariche». E ancora: «Tutti gli impianti devono essere autorizzati a saturazione del carico termico», ovvero portati alla loro capacità massima.Negli impianti «deve essere data priorità al trattamento dei rifiuti urbani prodotti nel territorio nazionale» e devono essere trattati «rifiuti speciali non pericolosi o pericolosi a solo rischio sanitario». Per farlo vengono dimezzati i tempi degli iter burocratici. Le Regioni hanno tempo due mesi per adeguarsi. In caso contrario ci penserà il governo applicando i poteri sostitutivi.
L’assessore Terzi: «inaccettabile, faremo ricorso»
Claudia Terzi
Claudia Terzi
« È una follia quello che vuole fare il Governo Renzi. Una follia che io e il presidente Maroni contrasteremo in tutti i modi, rivolgendoci anche alla Corte Costituzionale». Ha la voce che vibra di rabbia e amarezza l'assessore regionale all'ambiente della Lombardia, Claudia Terzi (Lega Nord): « Un provvedimento altamente ingiusto perché mentre al Nord aumenta la percentuale di raccolta differenziata, altre città del sud come Roma o Napoli continueranno a vivere di rendita, alle spalle di lombardi ed emiliani». La Terzi critica aspramente anche lo strumento del decreto e la minaccia di utilizzare i poteri sostitutivi, qualora le regioni non si piegassero alle volontà del Governo: «Mi chiedo perché Renzi non abbia nominato un commissario per realizzare gli inceneritori laddove non ci sono e invece minaccia di commissariare noi se non accettiamo rifiuti altrui». L'assessore regionale non risparmia un appello e una critica anche al Pd Regionale e locale: «Il Pd a sempre fatto della questione ambientale un suo cavallo di battaglia. Voglio vedere ora che faranno davanti a questa scelta. Se vengono prima le esigenze di cassa di qualche multiutility pubblica o la salute dei cittadini». 

lunedì 8 settembre 2014

Indipendenza della Scozia: per la prima volta in vantaggio i «Sì»



Gli indipendentisti esultano. Il 18 settembre il referendum. Il voto potrebbe sancire la separazione della Scozia dalla Gran Bretagna dopo 307 anni. Vip pro e contro Voglia di indipendenza. In Scozia non è più ormai soltanto il sogno di una minoranza che vuole staccarsi dalla Gran Bretagna. Come in molti pensavano, sbagliando. Per la prima volta, quando mancano meno di due settimane dal referendum del 18 settembre, un sondaggio spiazza tutti e dice che è avvenuta la rimonta e che vinceranno i sì. Il voto del 18 settembre potrebbe sancire la storica e clamorosa separazione della Scozia dalla Gran Bretagna dopo 307 anni.



Sondaggi

La rilevazione, realizzata da YouGov per il Sunday Times e che ovviamente s’è conquistata l’apertura di tutti i media britannici , dice che gli indipendentisti sono ora il 51% degli scozzesi contro il 49% di coloro che difendono secoli di storia e di legami con il Regno Unito. Gli esperti invitano alla cautela perché c’è un margine di errore nelle statistiche e, dunque, quella piccola differenza potrebbe significare pareggio virtuale. Ma la sensazione è che sull’onda dell’entusiasmo tra i sostenitori della divisione, la grande rimonta iniziata mesi fa, quella spinta verso il nuovo , sia irreversibile.

La reazione di Londra. Salmond: «Dettata dal panico»

Il Cancelliere George Osborne ha reagito promettendo che entro la prossima settimana verrà presentato un piano per incrementare i poteri del Parlamento scozzese, una decisione che secondo il primo ministro scozzese Alex Salmond è una «tangente dettata dal panico» che arriva ben dopo che i voti per posta sono stati inviati.

I vip pro e contro

Sono diversi i personaggi pubblici che si sono schierati a favore o contro l’indipendenza scozzese. Secessionista di ferro l’attore Sean Connery, sangue Scottish, che a più riprese ha sostenuto quanto «l’opportunità dell’indipendenza sia troppo buona per essere mancata». A favore anche la cantante Annie Lennox e la cantautrice Amy Macdonald, il comico Kevin Bridges, e anche l’ex ambasciatrice britannica presso la Nato, Mariot Leslie, per il no l’autrice di Harry Potter J.K. Rowling (che è inglese). Contro, «assolutamente contro» David Bowie (inglese). Ad agosto più di 200 vip e celebrità del Regno Unito, tra cui Mick Jagger, Stephen Hawking e Judi Dench (tutti inglesi), hanno firmato una petizione per chiedere alla Scozia di rimanere con il Regno Unito, lo stesso appello è stato lanciato da diversi calciatori scozzesi “all time”, guidati da Denis Law, Ally McCoist, David Moyes e Ian Durrant.Della stessa opinione anche l’ex guida del Manchester United, Sir Alex Ferguson, e la cantante Susan Boyle, anche loro scozzesi.

Il fronte del no trema

Già quattro giorni fa, per il fronte del «no», era scattato l’allarme. Un precedente sondaggio YouGov accreditava infatti i secessionisti di un 47% dei consensi, a soli tre punti dalla soglia magica della metà più uno. Ora l’ultimo sondaggio è chiaro: sarà battaglia all’ultimo voto. «Ho sempre pensato che potessimo vincere, i sondaggi sono molto incoraggianti», ha dichiarato Salmond, capo del governo di Edimburgo e portabandiera del vessillo scozzese con la croce di Sant’Andrea. Il leader indipendentista racconta entusiasta di «code per registrarsi nelle liste elettorali». Secondo le rilevazioni YouGov, nell’ultimo mese i secessionisti hanno guadagnato più di 10 punti, grazie pare agli elettori laburisti:quelli favorevoli all’indipendenza sono passati in poche settimane dal 18% a oltre il 30%.

I timori di Cameron e della City


«Il nostro atteggiamento non cambia, conta il voto nel referendum» ha continuato a ripetere in questi giorni il premier britannico David Cameron, assicurando di non essere intenzionato a dimettersi neanche in caso di sconfitta. Ma si sa che è preoccupato. Come preoccupata è la City londinese. La banca d’affari Goldman Sachs ha parlato di «conseguenze seriamente negative» per entrambe le economie, quella scozzese e quella britannica. E la sterlina scende giù: mercoledì ha registrato la seduta peggiore degli ultimi sette mesi.

mercoledì 3 settembre 2014

“Mi autodenuncio per islamofobia”: la mia provocatoria confessione per denunciare la strategia dei taglialingue nostrani




“Mi autodenuncio per islamofobia”: la mia provocatoria confessione per denunciare la strategia dei taglialingue nostrani

Mi sono pentito. Ammetto di aver commesso il reato di islamofobia. Riconosco la legittimità del Tribunale dell’Ordine dei giornalisti. Ho deciso di collaborare per espiare fino in fondo le mie colpe, confessando la lunga serie di reati commessi sin dall’inizio dell’attività giornalistica nel 1976, così come considero doveroso denunciare tutti gli islamofobi che ho conosciuto.
Lo so che sono tanti ma è fondamentale individuarli e condannarli tutti, tanto i processi saranno rapidissimi perché ho le prove inconfutabili della loro colpevolezza. Sono convinto che dobbiamo bonificare l’Italia dall’islamofobia per assicurare l’avvento della nuova civiltà globalista, finanziaria, eurocratica, relativista, immigrazionista, multiculturalista e ovviamente islamofila.
I capi d’accusa che mi sono rivolti, sulla base della denuncia di un avvocato orgogliosamente italianissimo, che ama l’Italia più di se stesso e che darebbe la vita per salvaguardare la nostra civiltà dalle radici ebraico-cristiane, fanno riferimento a soli 9 articoli scritti nel periodo di circa 8 mesi limitatamente al 2011 per l’unico quotidiano Il Giornale. Evidentemente la sua bontà d’animo l’ha indotto a non denunciare tutta la mia produzione giornalistica che, vi assicuro, è un ammasso di islamofobia da destinare al rogo per il bene dell’umanità.
Non sarà facile reperire le migliaia di articoli scritti per l’Agenzia giornalistica “Quotidiani Associati”, che fino al 1990 furono pubblicati da una trentina di testate locali, tra cui Il Secolo XIX, Il Gazzettino, Il Mattino, la Gazzetta del Mezzogiorno, La Sicilia, L’Unione Sarda e persino il Corriere del Ticino. Mentre risulta più agevole disporre di altre migliaia di articoli pubblicati fino al 2003 su la Repubblica e fino al 2008 sul Corriere della Sera. Anche i miei dieci libri, che complessivamente hanno venduto circa 800 mila copie, sono intrisi di islamofobia, devono essere pertanto requisiti e dati alle fiamme. Infine meritano il rogo le registrazioni delle migliaia di partecipazioni televisive e radiofoniche dove ho reiterato il reato di islamofobia.
Mi limiterò a due esempi di indubbia islamofobia pubblicati sul Corriere della Sera dove avevo la qualifica di vice-direttore. Il 29 settembre 2005 pubblicai un articolo dal titolo “Moschea-mania, serve uno stop”, che iniziava così: “In Italia sembra essere esplosa la moschea-mania. Da Genova a Firenze, da Verona a Reggio Emilia, da Napoli a Colle Val d'Elsa, tutti la vogliono. Ebbene, da cittadino italiano, musulmano, laico, lancio un appello a tutte le istituzioni dello Stato affinché sospendano la costruzione di nuove moschee”. Sempre il Corriere della Sera pubblicò in prima pagina una mia testimonianza sulla mia conversione, in data 23 marzo 2008, in cui dico: “La mia mente si è affrancata dall’oscurantismo di un’ideologia che legittima la menzogna e la dissimulazione, la morte violenta che induce all’omicidio e al suicidio, la cieca sottomissione e la tirannia”; e ancora: “Al di là della contingenza che registra il sopravvento del fenomeno degli estremisti e del terrorismo islamico a livello mondiale, la radice del male è insita in un islam che è fisiologicamente violento e storicamente conflittuale”.
Ebbene per espiare la mia lunghissima serie di reati di islamofobia procederò autonomamente a tagliarmi la lingua con la speranza che mi risparmieranno il taglio della testa. Da oggi non pronuncerò mai più il nome di Allah invano, terrò una copia del Sacro Corano sul comodino e la bacerò prima di coricarmi e al risveglio, tesserò le lodi di Maometto, chinerò il capo al cospetto della moschea, gioirò per la conversione degli italiani all’islam.
Il mio processo sarà una pietra miliare nel percorso che affermerà l’avvento del Califfato islamico globalizzato anche in Italia. La Storia riconoscerà ai taglialingue nostrani il merito di aver epurato da giornali, televisioni, libri e discorsi pubblici qualunque offesa o semplicemente critica ad Allah da venerare inconfutabilmente come il Dio di tutti, all’Islam che dovrà essere l’unica religione che si scrive con la prima lettera maiuscola, al Corano da riconoscere come il Sigillo della profezia, a Maometto da elogiare come l’ultimo dei profeti, alla sharia a cui le nostre leggi dovranno conformarsi. Non posso che essere grato al Tribunale dell’Ordine dei giornalisti che mi concede l’opportunità di redimermi e di estirpare con la mia condanna il male assoluto dell’islamofobia.
di Magdi Cristiano Allam 01/09/2014 

giovedì 28 agosto 2014

Nella mia Inghilterra gli immigrati sono liberi di stuprare

 

Un gruppo di pachistani abusò per anni di 1.400 bambine. Le autorità tacquero per paura di essere tacciate di razzismo

Sembra l'ennesima deprimente notizia proveniente da un Paese musulmano della cosiddetta Primavera araba. Invece, no, proviene dal mio Paese natale - la cosiddetta Gran Bretagna.



E mi fa orrore anche perché ho tre figlie piccole di origini anglo-italiane. Nella città di Rotherham (popolazione 117.000) nella contea di Yorkshire al nord del Paese, branchi organizzati di inglesi musulmani, di origini pakistani, hanno sistematicamente abusato di 1.400 ragazze minorenni (la maggior parte sotto i 16 anni) dal 1997 al 2013 - a livelli industriali.
Le hanno trattate da schiave. Davano loro dell'alcol e delle droghe e le sottomettevano ad ogni umiliazione sessuale, stupro di gruppo compreso. Le minacciavano con pistole e a volte le innaffiavano di benzina pure. Le chiamavano «white trash» (spazzatura bianca). E dovevano stare zitte - altrimenti… La cosa ancora più allucinante è che tante di queste ragazzine erano affidate - o erano state affidate nel passato - ai servizi sociali del Comune e perciò sotto la loro protezione. Tante di loro, nonostante la paura e lo stato d'animo confuso, hanno cercato di denunciare i colpevoli. Ma nessuno le ascoltava. Erano trattate come prostitute, non solo dai loro aggressori ma anche dai loro protettori.
Ora, una commissione indipendente diretta dalla professoressa Alexis Jay ha pubblicato un rapporto sullo scandalo e ha concluso: gli assistenti sociali e la polizia di Rotherham sono colpevoli di grave negligenza.
Entrambi erano in possesso di tutti gli elementi necessari per arrestare quei mostri musulmani di provenienza pakistana ma non hanno mosso un dito. Per un motivo: avevano paura di essere etichettati come «razzisti». Dunque, nel loro mondo idiota i diktat della political correctness e della paura di non offendere i musulmani contavano più del benessere di quelle ragazzine.
Ecco, cari lettori, dove ci porta la beata ideologia sinistroide del multiculturalismo e della diversità, e della tolleranza: alla loro intolleranza nel nostro Paese. Ci porta anche allo stupro di massa delle nostre ragazze (a casa nostra) - definite appunto «white trash» - da pakistani musulmani. Non vi illudete. Se succede in Inghilterra una cosa simile, può succedere e succede anche qui da voi. Perché in Italia come in Inghilterra, come ovunque in Europa, regna la stessa maledetta ideologia.
Proviamo ad immaginare il contrario: 1.400 ragazze musulmane abusate sistematicamente per più di 10 anni da branchi organizzati di uomini bianchi che le chiamano «black trash» (spazzatura nera) e lo Stato che sa tutto, ma tace. Sicuramente, gli imam residenti in Inghilterra, tutti, dichiarerebbero una jihad. Non finisce qui. Come potrebbe? I colpevoli nel caso di Rotherham hanno scelto apposta delle vittime bianche - piuttosto che nere o scure. Volevano stuprare solo ragazze bianche. Beh sì, cari lettori, non ci sono dubbi: i nostri amici musulmani dal Pakistan sono dei razzisti. L'abuso quindi fu non solo sessuale ma razziale.
Ancora adesso però gran parte della sinistra inglese fa lo struzzo e continua a blaterare: non c'entrano le motivazioni razziali dei colpevoli, figuriamoci la loro religione. Ma va là! La Bbc (baluardo della political correctness) e The Guardian ( La Repubblica inglese) non parlano, a riguardo, di «pakistani», figuriamoci di «musulmani», ma solo al limite e sottovoce, di «asiatici».
Lo scandalo è venuto alla luce solo grazie ad un'indagine della stampa inglese, in particolare del quotidiano The Times . I giornalisti coinvolti sono stati diffamati dai politici locali di sinistra come bugiardi e razzisti. Alla fine però cinque musulmani residenti di Rotherham e di origini pakistane sono stati processati e mandati in galera nel 2010 per reati sessuali nei confronti di ragazze dai 12 ai 16 anni, stupro compreso. Scandali simili sono stati scoperti in altre 13 città al nord dell'Inghilterra. Finora, 56 uomini di origini pakistane e di fede musulmana sono stati condannati. Ma questi sono forse solo la punta dell'iceberg. Non è un nostro diritto dire che quelle povere ragazze sono state vittime di abuso sessuale e razziale: è un nostro dovere.