venerdì 21 marzo 2014

Veneto libero

Nei Paesi evoluti è riconosciuta ai cittadini la facoltà di stabilire dove andare e con chi. L'autodeterminazione dei popoli è un dogma indiscutibile. Forse che il Veneto vale meno della Catalogna o della Scozia e non può aspirare a essere autonomo?

Il risultato che sta riscuotendo il referendum online per l’indipendenza veneta, lanciato domenica scorsa, fa esultare gli organizzatori, raccolti sotto la sigla di plebiscito.eu. Le votazioni si chiuderanno venerdì alle 18. «Alle 19 - spiega il presidente, Gianluca Busato, dichiareremo l’indipendenza del Veneto». Il sondaggio, prima un po’ snobbato a livello politico-istituzionale, ha trovato ora l’appoggio della Lega Nord e di altri gruppi separatisti, che però frenano: «Il vero referendum è quello che scaturirà dal progetto di legge regionale 342, che sarà presentato in Consiglio ad aprile».

Siamo alle solite. La Crimea ha deciso il proprio destino con un referendum: si distacca dall'Ucraina e si annette alla Russia per volontà popolare.




Molti osservatori affermano che il plebiscito non è legittimo per vari motivi oscuri, e non si capisce perché la consultazione dovrebbe essere invalidata. Questo lo abbiamo già scritto. Se però ribadiamo il concetto, una ragione c'è: adesso anche la Catalogna andrà alle urne e così pure la Scozia; entrambe le regioni reclamano indipendenza. Che c'è di male? Nulla. Tanto è vero che nessuno protesta.
Nei Paesi evoluti è infatti riconosciuta ai cittadini la facoltà di contarsi allo scopo di stabilire dove andare e con chi. Ancora una volta debbo ricordare che l'autodeterminazione dei popoli non è un principio astratto, ma un dogma indiscutibile.
Le nazioni rischiano così di spezzettarsi? E chi se ne importa. Prima di tutto viene la libertà della gente di amministrare il proprio territorio come le garba. Ecco perché trasecoliamo nell'apprendere che il referendum via Web (www.plebiscito.eu) in corso dal 16 al 21 marzo nel Veneto, finalizzato a uno strappo della regione dall'Italia, sia considerato un'attentato all'unità del Paese. Ma quale attentato?
I veneti desiderano ardentemente andarsene per conto proprio, ovvero essere padroni in casa loro, rigettando il patto nazionale (peraltro mai sottoscritto)? Liberi di verificare alle urne se si tratta di un sentimento maggioritario o minoritario. Nel primo caso bisognerà prenderne atto e agire di conseguenza; nel secondo, pace amen, la situazione rimarrà quella attuale: cioè il Veneto resterà integrato nella penisola con capitale Roma. Dov'è il problema? Perché scandalizzarsi se una quota di cittadini invoca l'uso di uno strumento - il plebiscito - altamente democratico per stabilire se mantenere lo statu quo oppure se mutare registro? Forse che il Veneto vale meno della Catalogna o della Scozia e non può aspirare, a differenza delle altre due regioni, a essere autonomo rispetto al potere centrale?
Non ha senso dividere i popoli tra figli e figliastri; ciascuno di essi deve godere della facoltà di fare ciò che vuole, a condizione che non infranga le regole democratiche, delle quali il plebiscito è la principale. Ognuno ovviamente ha le proprie opinioni e non stupisce che voglia imporle ad altri attraverso il metodo del confronto, ma se alla fine dei dibattiti non c'è intesa, si ricorre al referendum, il cui esito è legge. Non c'è molto d'aggiungere.
Un tempo certi contenziosi si dirimevano con le guerre, non esisteva alternativa. Oggi si vota e vince la maggioranza. Chi non accetta il verdetto elettorale si pone fuori dal contesto civile, automaticamente, e non può pretendere di essere apprezzato. Il referendum in Veneto non ha nulla di eversivo e va accolto come una manifestazione di correttezza istituzionale. D'altronde, quella dei veneti non è neppure una ribellione scomposta; è la speranza di un ritorno all'antico, alla Repubblica cosiddetta Serenissima, le cui prerogative sono giustamente rimpiante, visto che all'epoca del suo fulgore i «sudditi» si trovavano, con il Doge, meglio che con Matteo Renzi e affini, probabilmente.
Lasciate che i veneti si facciano la loro vita lontano da Roma, e che altri, per esempio campani e calabresi, si facciano la loro ai piedi della Città Eterna. Vedremo chi camperà di più e più comodamente.

martedì 18 marzo 2014

Veneto, parte il referendum per la secessione

Veneto, parte il referendum per la secessione















Non solo Crimea, pure il Veneto chiede la secessione. Unreferendum autogestito per chiedere l’indipendenza dall’Italia. È l’iniziativa del comitato Plebiscito.eu che è in corso in questi giorni e si concluderà il 21 marzo a Treviso, con la proclamazione dei risultati e l’eventuale dichiarazione di sovranità veneta. Il voto si è aperto ieri, domenica 16 marzo, e ad esprimersi sono stati in tanti. Oltre 700mila persone. 

Il voto - Le province con più partecipazione sono Vicenza, Treviso, Padova. E così dal Veneto parte un filo diretto con la Crimea, che proprio ieiri ha votato la secessione dall'Ucraina e il ricongiungimento con la Russi. L’iniziativa veneta ha così attirato l’attenzione dei media russi: la tv statale russa Vesti 24 ha trasmesso un servizio sul “referendum” in corso sull'indipendenza del Veneto. 

Il referendum - La domanda del referendum non lascia scampo a dubbi su quale sia l'obiettivo della consultazione: "Vuoi tu che il Veneto diventi una Repubblica Federale indipendente e sovrana?” Dopo aver votato al quesito principale si possono votare i delegati Veneti e altre tre decisioni: Se il Veneto debba rimanere nella UE, se il Veneto debba mantenere l'Euro, se il Veneto debba stare nella Nato.
Sul sito www.plebiscito.eu, oltre a potere votare online (nel caso si sia fuori dal Veneto nei giorni del voto per lavoro, studio od altri motivi) vengono anche indicati i luoghi dei seggi, si trova il materiale che spiega la battaglia sia dal punto di vista dei SI', sia da quello dei NO, ed inoltre si può interagire proponendo le proprie osservazioni, consigli o perplessità. Insomma la macchina è partita e il governatore Luca Zaia avverte Renzi con un'intervista a Libero: "Renzi, come tutti da Roma, ci guarda dall’alto in basso, crede che stiamo al Luna Park. Ma il fermento indipendentista è sempre più forte, e non dipende dalla gente del nord sempre più strozzata, dipende da Roma". 

Veneto, da oggi referendum per l'indipendenza. Zaia: "Attento Renzi, vogliamo scappare"

Veneto, da oggi referendum per l'indipendenza. Zaia: "Attento Renzi, vogliamo scappare"

Luca Zaia, governatore veneto, la saggezza pop dice che nel cuore d’ogni veneto ghe xè on Leon, miga on cojon. Da oggi da oggi on line fino al 21 marzo -giorno dello spoglio in piazza dei Signori a Treviso- c’è il «Plebiscito per l’Indipendenza del veneto». 
«Eviterei le domande: va a votare? O Cosa ne pensa del Plebiscito?».
E allora, perdoni, cosa le chiedo?
«Per carità, ben venga il Plebiscito, è la terza o quarta volta che si tenta di farlo; e solo la Lega ha raccolto nei gazebo 100mila firme. Ma è l’iniziativa di un partito che si chiama appunto “Plebiscito 2013”, costola di un altro partito , “Indipendenza veneta”. Bisogna fare delle riflessioni. Il sospetto è che la gente voglia l’indipendenza perché, strangolata dalla crisi chiede tassazioni più basse, mi piacerebbe che pensassero all’indipendenza come movimento culturale, tipo Catalogna o Scozia»
Diciamolo: dovevate votare l’indipendenza in Consiglio regionale, ma c’eravate solo voi 20 leghisti e pochi altri. Ed è saltato.
«Tecnicamente per fare un referendum sul tema ci vuole una legge regionale, e un Consiglio che voti la legge; l’anno scorso non la votò e la fece tornare in commissione, perché quella legge non aveva la maggioranza e non sarebbe passata».
Ma sarebbe stata comunque incostituzionale: «La Repubblica è una e indivisibile», articolo 5 della sacra Carta...
«Vero, però il diritto di autodeterminazione e il diritto internazionale ci danno ragione, e noi avremmo fatto volentieri scoppiare il dibattito sul referendum. Ma, fosse stato fatto così, da qualcuno per vezzo, non avrebbe avuto efficacia giuridica. La verità è che è importantissimo seguire quel che avviene in Catalogna».
In Catalogna? Intende al referendum omologo di Artur Mas?
«Sì, loro sono avantissimo: dobbiamo capire se sull’indipendenza riescono ad aprirci un varco. La loro deadline è il 9 novembre 2014. Se l’indipendenza la ottiene Barcellona, seguendo il loro metodo potrebbe ottenerla Venezia».
Il premier Renzi si è espressamente dichiarato per il contro-referendum.
«Renzi, come tutti da Roma, ci guarda dall’alto in basso, crede che stiamo al Luna Park. Ma il fermento indipendentista è sempre più forte, e non dipende dalla gente del nord sempre più strozzata, dipende da Roma. Matteo l’ha detto chiaramente di non credere alle regioni, anzi fosse per lui le abolirebbe. É un neocentralista che ha un ideale di sviluppo fordista; noi siamo quelli del distretto industriale diffuso. Fosse per Renzi la Bavaria industriale autonoma non esisterebbe. Lui giustifica questa cosa affermando che “ci sono regioni non virtuose”; io rispondo: “ma scusa, perché non punisci quelle?”. La verità è che ci vogliono le palle».
Una visione testicolare della politica che richiama la Lega bossiana, e un po’ i toni odierni del suo segretario Salvini, oserei...
«Salvini sta facendo un buon lavoro. Ma è Renzi che deve avere il coraggio di dire: che metà d’Italia -il sud- è tecnicamente fallita, e bisogna mandare i curatori fallimentari. Vendere le auto blu non risolve il problema, e neanche tassare le rendite finanziarie; è vero che in Germania le aliquote sono al 26%, ma lì hanno la pressione fiscale al 46% , da noi è al 68%..».
Però il governo, oggi, lavora in direzione opposta al federalismo come lo volevate voi (che, tra l’altro non ebbe un gran successo). La trasformazione del Senato è diversa dal modello di Miglio, la cancellazione del titolo V° non ne parliamo.
«Guardi, il Veneto è la regione più identitaria d’Italia: 7 persone su 10, trasversalmente pensano e parlano in Veneto. Il federalismo, per noi, era un passaggio obbligatorio, una forma di educazione. Abbiamo bussato alla parta con i fiori in mano, ci siamo puliti i piedi sullo zerbino, ma non ci hanno aperto. A ’sto punto, la porta noi la sfondiamo. Ormai siamo al Big bang delle istituzioni, le rivoluzioni nascono dalla fame; e ci siamo, alla fame. Il Veneto può scappare. Perchè siamo incazzati: abbiamo perso 85mila posti di lavoro, siamo quelli che ogni anno lasciano a Roma 21 miliardi di tasse, e ci ignorano...».
Però, ora, guarda caso, il ritorno ai regionalismi tentano di cavalcarlo in molti. Grillo, per dire, evoca la «Repubblica di Venezia», roba sua, Zaia. O no?
«Grillo non si capisce cosa voglia; se vuole l’indipendenza venga a firmare ai gazebo, ma non penso che i suoi siano d’accordo»
A Treviso, però nell’ex «Zaiastan» il sindaco è renziano del Pd...
«Onore ai vincitori. Ma io non ho problemi nel mio rapporto con gli elettori. Votano per me ancora 6 su 10. La verità, veda, è che la ricreazione è finita».
Questo lo dice anche Renzi.
«Questo lo tolga...».

di Francesco Specchia