martedì 30 settembre 2014

Salvini nomina un nigeriano responsabile all'immigrazione

Tony Iwoli, 59enne di origini nigeriane, dopo una lunga militanza nella Lega verrà nominato domani responsabile per l'immigrazione del Carroccio
Raffinatezza politica nella Lega dove il segretario Matteo Salvini ha deciso di rendere responsabile del partito per l'immigrazione il nigeriano Tony Iwoli.



Iwoli ha 59 anni e vive in Italia da 38 anni. Dopo aver studiato informatica a Perugia si è sposato a Bergamo con un'italiana con la quale ha avuto due figli. Cittadino italiano milita nel Carroccio sin dagli anni '90. 
Proprio la militanza dalla prima ora lo ha premiato con questo incarico che Salvini annuncerà ufficialmente domani nella sede di via Bellerio, al margine della comunicazione dell'adunata anti immigrazione prevista per il 18 ottobre a Milano. "Per favore, non paragonatemi alla Kyenge, io ho avuto questo incarico perchè sono in Lega da molto tempo, non certo per il colore della mia pelle". Ricorda Iwoli che garantisce di non essere mai stato oggetto di insulti o discriminazione dentro il partito. 

Appena ricevuta la notizia ha fatto sapere che il suo primo pensiero sarà visitare Lampedusa "per verificare la situazione che già sappiamo intollerabile; l'operazione Mare Nostrum è un'autentica follia". 

mercoledì 24 settembre 2014

il giudice ammette: "Per gli stranieri siamo il Paese dell'impunità"

In un'ordinanza d'arresto un gip di Udine denuncia l'inefficienza della giustizia: "I delinquenti vengono qui perché sanno che alla peggio patteggi e poi torni libero"

Lo dice un giudice. Meglio: lo scrive, nero su bianco, in un'ordinanza di custodia cautelare. Razzismo? Improbabile. Francesco Florit, Gip in forza al Tribunale di Udine, parte della sua carriera l'ha costruita all'estero, in una terra difficile come il Kosovo, dove per anni ha guidato la task force inviata dall'Ue ad affiancare la magistratura locale nella ricostruzione del diritto nazionale e dell'amministrazione della giustizia. Rientrato in Friuli, s'è ritrovato a far di conto con criminali di ogni risma. Molti stranieri. Come il quintetto moldavo arrivato in trasferta a Lignano il 9 settembre: preso in affitto un appartamento, i cinque hanno rubato 3 Bmw e in meno d'una settimana tra Udine, Tavagnacco, Monfalcone e Mogliano Veneto hanno svuotato due profumerie ed altrettanti negozi di elettronica, arraffando merce per 200.000 euro. Carabinieri e Polizia li hanno arrestati lunedì, eseguendo il provvedimento emesso da Florit. Un atto da cui trasudano sconforto e senso d'impotenza, con la bandiera bianca che si alza sulle macerie del sistema giudiziario italiano. «L'indagine - sottolinea il Gip - è stata condotta con straordinaria efficienza e coordinazione dalle forze dell'ordine. La mole documentale raccolta è impressionante e incontrovertibile». Eppure non basterà. «Perché alcuni stranieri si fanno migliaia di chilometri per compiere ruberie e altri reati nel nostro Paese?», si domanda Florit. La risposta è al rigo successivo: «Sono convinti che qui da noi se mai ti beccano fai un patteggiamento e ti rimettono in libertà. Sanno che la giustizia non è efficiente e il sistema è tale che, dopo poco, si è rimessi in libertà e si può ricominciare come prima». Suggerimento: «Rispetto a tali condotte, di cui si legge nella cronaca locale con frequenza allarmante, è necessario adottare la giusta severità». Quella che fin qui è mancata, facendo dell'Italia il paradiso dei delinquenti da importazione.
Lo attesta l'Istat: «Il peso della componente straniera tra gli autori dei reati è andato aumentando a partire dagli anni Novanta, mentre prima di allora il fenomeno era trascurabile.
Se nel 1990 gli stranieri erano pari al 2,5% degli imputati, nel 2009 essi rappresentavano il 24% del totale degli imputati». E nel 2012 i delinquenti stranieri costituivano già «il 32,6% dei condannati, il 36,7% dei detenuti presenti nelle carceri e il 45% degli entrati in carcere», con una predominanza, tra essi, di romeni, marocchini e albanesi. Ognuno di loro, quando diventa ospite delle patrie galere, costa al contribuente italiano (fonte: ministero della Giustizia) 123,78 euro al giorno. Ma nessuno ci fa caso: spesso la permanenza dietro le sbarre è limitata.
Esempi? A iosa. A giugno a Ravenna un bulgaro uccide un bambino investendolo sulle strisce. Scappa. Arrestato, patteggia e torna a casa. Passano un paio di settimane: a Nogara un tunisino serra la catena di una mountain bike e la porta via. Bloccato dal proprietario, reagisce massacrandolo. Tratto in arresto, l'indomani è già a spasso per il Paese, mentre la vittima è immobilizzata in ospedale, con 30 giorni di prognosi. Ancora: a luglio un marocchino viene sorpreso con 130 grammi di droga nel parco dei bambini, ad Avezzano: era destinatario di un provvedimento di espulsione mai eseguito. Nel frattempo ha continuato a spacciare tranquillamente. E nel giro di 24 ore riguadagna la libertà patteggiando. Ad agosto è un nordafricano a finire in manette a Parma per lo stesso motivo. Il copione non cambia: patteggiamento, scarcerazione.
È la conferma: per delinquere in santa pace, si può venire in Italia: male che vada, patteggi e torni libero

martedì 16 settembre 2014

I rifiuti del Sud negli inceneritori del NordI rifiuti del Sud negli inceneritori del Nord LE CONSEGUENZE DEL DECRETO «SBLOCCA ITALIA»

I rifiuti del Sud negli inceneritori
del Nord, la maggior parte a Brescia

L’impianto A2A brucerà il 30% in più (un milione di tonnellate l’anno). L’assessore regionale Terzi: «Assurdo. Faremo ricorso alla consulta»



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Si scrive «sblocca Italia». Ma in Lombardia ed Emilia Romagna si leggerà «sblocca rifiuti». Perché il governo Renzi, per risolvere l’annosa emergenza immondizia che attanaglia buona parte dell’Italia meridionale ha deciso per decreto di smaltirla negli impianti del Nord, portando al massimo il loro carico termico. Significa che diversi impianti (da Brescia a Milano, da Bologna a Parma) potranno bruciare fino al 30% in più di monnezza. Il record spetterebbe all’impianto bresciano di A2A, il più grande d’Italia: potrà ricevere oltre 1 milione di tonnellate a fronte delle attuali 780mila incenerite (solo 430 mila tonnellate sono rifiuti urbani di Brescia e provincia). Dove andranno i rifiuti del sud, in primis quelli di Roma e della Campania, dove si trovano ancora centinaia di migliaia di ecoballe da smaltire? La Regione con maggior numero di inceneritori è la Lombardia (13 dei 55 presenti in Italia). Oltre a Brescia la monnezza potrà essere incenerita anche a Milano (compresi gli impianti di Sesto e Trezzo d’Adda), Dalmine ma anche a Cremona. I rifiuti potranno finire anche nei 9 termoutilizzatori dell’Emilia Romagna (seconda in Italia per numero di impianti), in prevalenza a Parma e Bologna. Nella classifica regionale figura poi la Toscana (7 impianti), seguita dal Veneto (4).
Per decreto cadono anche le «quote» di bacinizzazione regionale. Un esempio: l’impianto di Brescia oggi può funzionare per due-terzi con rifiuti solidi urbani provenienti da Brescia e provincia o dalla regione, e solo per un terzo con rifiuti speciali provenienti dal resto Italia. Tra due mesi A2A potrà liberamente decidere di bruciare quello che vuole. Se il fine del Governo Renzi è quello di smaltire in Italia l’eccesso di rifiuti, evitando sanzioni europee, a farne le spese rischia di essere l’aria già malata del Nord. Visto che 250 mila tonnellate di «monnezza» per Brescia equivalgono a 140 tonnellate l’anno di ossidi d’azoto in più. Regione Lombardia e lo stesso Comune stavano spingendo per l’aumento della raccolta differenziata (ferma al 40%) e quindi alla diminuzione futura del conferimento di rifiuti all’inceneritore A2A: a marzo avevano deciso di non aumentarne in sede di Aia (autorizzazione integrata ambientale) la capacità massima di combustione. Ora è il governo che indirettamente per decreto «soddisfa» il sogno della ex municipalizzata (ovvero arrivare al milione di tonnellate l’anno di rifiuti bruciati). Si avvera quindi lo scenario peggiore paventato dagli ambientalisti nostrani, che chiedevano un ridimensionamento dell’impianto bresciano, bruciando i soli rifiuti e biomasse di città e provincia.

Due mesi per adeguarsi, altrimenti interviene il governo
La volontà del consiglio dei ministri è spiegata all’articolo 35 dello Sblocca Italia, approvato venerdì: «Attuare un sistema integrato e moderno di gestione di rifiuti atto a conseguire la sicurezza nazionale nell’autosufficienza e superare le procedure di infrazione per mancata attuazione delle norme europee di settore. Tali impianti, individuati con finalità di progressivo riequilibrio socio-economico fra le aree del territorio nazionale, concorrono allo sviluppo della raccolta differenziata mentre deprimono il fabbisogno di discariche». E ancora: «Tutti gli impianti devono essere autorizzati a saturazione del carico termico», ovvero portati alla loro capacità massima.Negli impianti «deve essere data priorità al trattamento dei rifiuti urbani prodotti nel territorio nazionale» e devono essere trattati «rifiuti speciali non pericolosi o pericolosi a solo rischio sanitario». Per farlo vengono dimezzati i tempi degli iter burocratici. Le Regioni hanno tempo due mesi per adeguarsi. In caso contrario ci penserà il governo applicando i poteri sostitutivi.
L’assessore Terzi: «inaccettabile, faremo ricorso»
Claudia Terzi
Claudia Terzi
« È una follia quello che vuole fare il Governo Renzi. Una follia che io e il presidente Maroni contrasteremo in tutti i modi, rivolgendoci anche alla Corte Costituzionale». Ha la voce che vibra di rabbia e amarezza l'assessore regionale all'ambiente della Lombardia, Claudia Terzi (Lega Nord): « Un provvedimento altamente ingiusto perché mentre al Nord aumenta la percentuale di raccolta differenziata, altre città del sud come Roma o Napoli continueranno a vivere di rendita, alle spalle di lombardi ed emiliani». La Terzi critica aspramente anche lo strumento del decreto e la minaccia di utilizzare i poteri sostitutivi, qualora le regioni non si piegassero alle volontà del Governo: «Mi chiedo perché Renzi non abbia nominato un commissario per realizzare gli inceneritori laddove non ci sono e invece minaccia di commissariare noi se non accettiamo rifiuti altrui». L'assessore regionale non risparmia un appello e una critica anche al Pd Regionale e locale: «Il Pd a sempre fatto della questione ambientale un suo cavallo di battaglia. Voglio vedere ora che faranno davanti a questa scelta. Se vengono prima le esigenze di cassa di qualche multiutility pubblica o la salute dei cittadini». 

lunedì 8 settembre 2014

Indipendenza della Scozia: per la prima volta in vantaggio i «Sì»



Gli indipendentisti esultano. Il 18 settembre il referendum. Il voto potrebbe sancire la separazione della Scozia dalla Gran Bretagna dopo 307 anni. Vip pro e contro Voglia di indipendenza. In Scozia non è più ormai soltanto il sogno di una minoranza che vuole staccarsi dalla Gran Bretagna. Come in molti pensavano, sbagliando. Per la prima volta, quando mancano meno di due settimane dal referendum del 18 settembre, un sondaggio spiazza tutti e dice che è avvenuta la rimonta e che vinceranno i sì. Il voto del 18 settembre potrebbe sancire la storica e clamorosa separazione della Scozia dalla Gran Bretagna dopo 307 anni.



Sondaggi

La rilevazione, realizzata da YouGov per il Sunday Times e che ovviamente s’è conquistata l’apertura di tutti i media britannici , dice che gli indipendentisti sono ora il 51% degli scozzesi contro il 49% di coloro che difendono secoli di storia e di legami con il Regno Unito. Gli esperti invitano alla cautela perché c’è un margine di errore nelle statistiche e, dunque, quella piccola differenza potrebbe significare pareggio virtuale. Ma la sensazione è che sull’onda dell’entusiasmo tra i sostenitori della divisione, la grande rimonta iniziata mesi fa, quella spinta verso il nuovo , sia irreversibile.

La reazione di Londra. Salmond: «Dettata dal panico»

Il Cancelliere George Osborne ha reagito promettendo che entro la prossima settimana verrà presentato un piano per incrementare i poteri del Parlamento scozzese, una decisione che secondo il primo ministro scozzese Alex Salmond è una «tangente dettata dal panico» che arriva ben dopo che i voti per posta sono stati inviati.

I vip pro e contro

Sono diversi i personaggi pubblici che si sono schierati a favore o contro l’indipendenza scozzese. Secessionista di ferro l’attore Sean Connery, sangue Scottish, che a più riprese ha sostenuto quanto «l’opportunità dell’indipendenza sia troppo buona per essere mancata». A favore anche la cantante Annie Lennox e la cantautrice Amy Macdonald, il comico Kevin Bridges, e anche l’ex ambasciatrice britannica presso la Nato, Mariot Leslie, per il no l’autrice di Harry Potter J.K. Rowling (che è inglese). Contro, «assolutamente contro» David Bowie (inglese). Ad agosto più di 200 vip e celebrità del Regno Unito, tra cui Mick Jagger, Stephen Hawking e Judi Dench (tutti inglesi), hanno firmato una petizione per chiedere alla Scozia di rimanere con il Regno Unito, lo stesso appello è stato lanciato da diversi calciatori scozzesi “all time”, guidati da Denis Law, Ally McCoist, David Moyes e Ian Durrant.Della stessa opinione anche l’ex guida del Manchester United, Sir Alex Ferguson, e la cantante Susan Boyle, anche loro scozzesi.

Il fronte del no trema

Già quattro giorni fa, per il fronte del «no», era scattato l’allarme. Un precedente sondaggio YouGov accreditava infatti i secessionisti di un 47% dei consensi, a soli tre punti dalla soglia magica della metà più uno. Ora l’ultimo sondaggio è chiaro: sarà battaglia all’ultimo voto. «Ho sempre pensato che potessimo vincere, i sondaggi sono molto incoraggianti», ha dichiarato Salmond, capo del governo di Edimburgo e portabandiera del vessillo scozzese con la croce di Sant’Andrea. Il leader indipendentista racconta entusiasta di «code per registrarsi nelle liste elettorali». Secondo le rilevazioni YouGov, nell’ultimo mese i secessionisti hanno guadagnato più di 10 punti, grazie pare agli elettori laburisti:quelli favorevoli all’indipendenza sono passati in poche settimane dal 18% a oltre il 30%.

I timori di Cameron e della City


«Il nostro atteggiamento non cambia, conta il voto nel referendum» ha continuato a ripetere in questi giorni il premier britannico David Cameron, assicurando di non essere intenzionato a dimettersi neanche in caso di sconfitta. Ma si sa che è preoccupato. Come preoccupata è la City londinese. La banca d’affari Goldman Sachs ha parlato di «conseguenze seriamente negative» per entrambe le economie, quella scozzese e quella britannica. E la sterlina scende giù: mercoledì ha registrato la seduta peggiore degli ultimi sette mesi.

mercoledì 3 settembre 2014

“Mi autodenuncio per islamofobia”: la mia provocatoria confessione per denunciare la strategia dei taglialingue nostrani




“Mi autodenuncio per islamofobia”: la mia provocatoria confessione per denunciare la strategia dei taglialingue nostrani

Mi sono pentito. Ammetto di aver commesso il reato di islamofobia. Riconosco la legittimità del Tribunale dell’Ordine dei giornalisti. Ho deciso di collaborare per espiare fino in fondo le mie colpe, confessando la lunga serie di reati commessi sin dall’inizio dell’attività giornalistica nel 1976, così come considero doveroso denunciare tutti gli islamofobi che ho conosciuto.
Lo so che sono tanti ma è fondamentale individuarli e condannarli tutti, tanto i processi saranno rapidissimi perché ho le prove inconfutabili della loro colpevolezza. Sono convinto che dobbiamo bonificare l’Italia dall’islamofobia per assicurare l’avvento della nuova civiltà globalista, finanziaria, eurocratica, relativista, immigrazionista, multiculturalista e ovviamente islamofila.
I capi d’accusa che mi sono rivolti, sulla base della denuncia di un avvocato orgogliosamente italianissimo, che ama l’Italia più di se stesso e che darebbe la vita per salvaguardare la nostra civiltà dalle radici ebraico-cristiane, fanno riferimento a soli 9 articoli scritti nel periodo di circa 8 mesi limitatamente al 2011 per l’unico quotidiano Il Giornale. Evidentemente la sua bontà d’animo l’ha indotto a non denunciare tutta la mia produzione giornalistica che, vi assicuro, è un ammasso di islamofobia da destinare al rogo per il bene dell’umanità.
Non sarà facile reperire le migliaia di articoli scritti per l’Agenzia giornalistica “Quotidiani Associati”, che fino al 1990 furono pubblicati da una trentina di testate locali, tra cui Il Secolo XIX, Il Gazzettino, Il Mattino, la Gazzetta del Mezzogiorno, La Sicilia, L’Unione Sarda e persino il Corriere del Ticino. Mentre risulta più agevole disporre di altre migliaia di articoli pubblicati fino al 2003 su la Repubblica e fino al 2008 sul Corriere della Sera. Anche i miei dieci libri, che complessivamente hanno venduto circa 800 mila copie, sono intrisi di islamofobia, devono essere pertanto requisiti e dati alle fiamme. Infine meritano il rogo le registrazioni delle migliaia di partecipazioni televisive e radiofoniche dove ho reiterato il reato di islamofobia.
Mi limiterò a due esempi di indubbia islamofobia pubblicati sul Corriere della Sera dove avevo la qualifica di vice-direttore. Il 29 settembre 2005 pubblicai un articolo dal titolo “Moschea-mania, serve uno stop”, che iniziava così: “In Italia sembra essere esplosa la moschea-mania. Da Genova a Firenze, da Verona a Reggio Emilia, da Napoli a Colle Val d'Elsa, tutti la vogliono. Ebbene, da cittadino italiano, musulmano, laico, lancio un appello a tutte le istituzioni dello Stato affinché sospendano la costruzione di nuove moschee”. Sempre il Corriere della Sera pubblicò in prima pagina una mia testimonianza sulla mia conversione, in data 23 marzo 2008, in cui dico: “La mia mente si è affrancata dall’oscurantismo di un’ideologia che legittima la menzogna e la dissimulazione, la morte violenta che induce all’omicidio e al suicidio, la cieca sottomissione e la tirannia”; e ancora: “Al di là della contingenza che registra il sopravvento del fenomeno degli estremisti e del terrorismo islamico a livello mondiale, la radice del male è insita in un islam che è fisiologicamente violento e storicamente conflittuale”.
Ebbene per espiare la mia lunghissima serie di reati di islamofobia procederò autonomamente a tagliarmi la lingua con la speranza che mi risparmieranno il taglio della testa. Da oggi non pronuncerò mai più il nome di Allah invano, terrò una copia del Sacro Corano sul comodino e la bacerò prima di coricarmi e al risveglio, tesserò le lodi di Maometto, chinerò il capo al cospetto della moschea, gioirò per la conversione degli italiani all’islam.
Il mio processo sarà una pietra miliare nel percorso che affermerà l’avvento del Califfato islamico globalizzato anche in Italia. La Storia riconoscerà ai taglialingue nostrani il merito di aver epurato da giornali, televisioni, libri e discorsi pubblici qualunque offesa o semplicemente critica ad Allah da venerare inconfutabilmente come il Dio di tutti, all’Islam che dovrà essere l’unica religione che si scrive con la prima lettera maiuscola, al Corano da riconoscere come il Sigillo della profezia, a Maometto da elogiare come l’ultimo dei profeti, alla sharia a cui le nostre leggi dovranno conformarsi. Non posso che essere grato al Tribunale dell’Ordine dei giornalisti che mi concede l’opportunità di redimermi e di estirpare con la mia condanna il male assoluto dell’islamofobia.
di Magdi Cristiano Allam 01/09/2014