Cervo in umido


l termine umido richiama immediatamente la nozione della pucia, dell'intingolo in cui bagnare la polenta.
Come ogni intingolo che si rispetti, l'umido si forma, nella cultura tradizionale, mediante una stufatura prolungata, nel caso della selvaggina resa ancora più necessaria dalla fibrosità e dalla consistenza delle carni, che necessitavano anche di una lunga frollatura preventiva.

Difficoltà: Media
Tempo di esecuzione:  100 minuti
Tecnica di cottura: Rosolatura, stufatura
Stagionalità: Autunno - Inverno 
Utensili: tagliere, trinciante, terrina larga
Preparazione per 6 porzioni:
  • POLPA DI CERVO:  1 kg
  • FARINA:  50 g
  • OLIO D'OLIVA:  50 g
  • BURRO:  40 g
  • SEDANO:  70 g
  • CAROTE:  70 g
  • CIPOLLE:   60 g
  • MAZZETTO DI ERBE ODOROSE CON MOLTO TIMO:  30 g
  • BRODO:  1 l
  • SALE e PEPE:  q. b.

  • Tagliare la carne a piccoli pezzi, come per un comune spezzatino e infarinarla;
  • rosolare i pezzetti di carne in poco olio ben caldo;
  • tritare il sedano, la carota, le cipolle e le erbe aromatiche, quindi farle appassire in olio e burro;
  • unire la carne e bagnare con il brodo, portando a cottura (circa un'ora);
  • aggiungere altro brodo, nel caso l'intingolo si asciugasse troppo, e controllare il sale prima di togliere dal fuoco;
  • servire ben caldo, con o senza polenta.

Varianti: in taluni ricettari si utilizza lo strutto al posto dell'olio, oppure si uniscono al soffritto pezzetti di lardo o cotenne.
Nelle formulazioni ottocentesche il sugo viene filtrato prima di essere portato in tavola e talvolta la carne viene lasciata in un solo pezzo e tagliata successivamente a fette come un qualsiasi brasato.
Ricette in questa tipologia sono comuni anche per il capriolo.

Note: La frollatura delle carni   Pellegrino Artusi ricorda nel suo ricettario che la selvaggina ha bisogno di una lunga frollatura in ambiente fresco, prima di giungere alle condizioni ottimali per la cottura.
E aggiunge: "sino al limite della putrefazione", un'annotazione che oggi ai più fa storcere la bocca. In passato, non solo la cacciagione, ma qualsiasi tipo di carne doveva essere frollata per diversi giorni e cotta a lungo, per permetterle di raggiungere un apprezzabile grado di tenerezza.
Nel noto ricettario Il cuoco milanese e la cuciniera lombardo-veneta, che tanta diffusione ebbe nel secolo scorso, per uno stuffato di selvaggina da pelo in tutto simile al nostro viene indicata una cottura di cinque o sei ore.
Può dispiacere ai fautori della cucina tradizionalista (sul modello Gianni Brera, per intenderci) che oggi non sia più necessario cuocere così a lungo uno stufato.
Le carni attualmente in commercio, attraverso le selezioni realizzate negli ultimi cento anni, sono considerevolmente più tenere di quanto non fossero un secolo e mezzo fa.
E' persino improbabile, oggi, parlare di selvaggina autenticamente selvatica, dal momento che anche i pochi capi di cui è autorizzata annualmente la caccia sono spesso il frutto di opportune politiche di ripopolamento.
Una frollatura di qualche giorno e un'ora di cottura, che permetta di pareggiare il conto con le necessità dell'intingolo, sono oggi sufficienti a rendere commestibili e a non privare di succulenza anche le carni della selvaggina.

L'ingrediente: la selvaggina da pelo   Se si escludono gli animali di piccolo taglio, come le lepri, abbastanza comuni in tutta la regione, la cacciagione di grossa taglia è stata conosciuta in passato solo nei territori prealpini e alpini, e sicuramente non utilizzata quale cibo ordinario.
I caprioli e i cervi soprattutto, ma in passato anche i daini, i camosci e gli stambecchi costituivano un'ambita preda di caccia.
Apprezzati in tutta la regione i salmì e i civet con forte speziatura, gli arrosti, ingentiliti da un'abbondante lardellatura, le selle (schiene) con contorno di marroni o di frutti di bosco. In Valchiavenna e in Valtellina si producono ancor oggi i violini e le bresaole di capriolo e di cervo.

L'associazione classica è con la polenta (semmai con farina di fraina); ma il piatto si presta anche a legami più creativi, come ad esempio quello con le confetture e le marmellate, particolarmente di ciliege, di prugne o di castagne.
In ogni caso richiede un grande vino, di gradazione alcolica sostenuta e di lungo invecchiamento, come il Valtellina Superiore Inferno, oppure un uvaggio bordolese (cabernet e merlot), oggi sempre più diffuso in Franciacorta.


(per porzione):
   Energia (kcal)
392
   Proteine (g)
31,5
   Lipidi (g)
24,5
   Glucidi (g)
8,7
   Sodio (mg)
937
   Colesterolo (mg)
121
   Fibra (g)  
1,5



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