venerdì 19 dicembre 2014

La Lega sbarca al Sud, Salvini presenta il simbolo

Il Carroccio varca il Garigliano e si presenta in Italia meridionale. Il segretario: "No ai riciclati in lista". Nell'emblema si rinuncia al colore verde


ROMA - Quello che colpisce del simbolo con cui la Lega Nord varca il fiume Garigliano e punta alla conquista del Sud è l'assenza del verde padano, colore storico del Carroccio: "Campo bianco con un ovale blu e la scritta in giallo e bianco 'Noi con Salvini'. E poi il nome della regione del Centro e del Meridione", spiega il segretario Matteo Salvini in un'affollata conferenza stampa alla Camera. La sala del Mappamondo, infatti, è gremita di parlamentari leghisti ma manca il fondatore, il 'Senatùr' Umberto Bossi. Che però benedice a distanza lo 'sbarco' e mette in guardia il giovane leader delle camicie non più solo verdi dalle "infiltrazioni da parte di signorotti delle tessere e pregiudicati". 

Per questo "l'altro Matteo" sbarra la strada ai 'riciclati', esponenti di altri partiti pronti a salire sul nuovo Carroccio non più separatista ma nazional popolare. Si sono già fatti avanti personaggi come Silvano Moffa, ex Msi, poi An, poi con Fini e infine Pdl; l'ex finiana Souad Sbai e la berlusconiana Barbara Mannucci; l'Ncd Marco Pomarici, già presidente del consiglio comunale di Roma; Mario Landolfi, ex ministro delle Comunicazioni di Silvio Berlusconi. Perciò altolà a chi vuole utilizzare "questo soggetto come un tram su cui salire per salvare la poltrona. Diciamo no a riciclati - spiega Salvini- vogliamo energie fresche. Le esperienze politiche verranno valutate singolarmente, ma non ci sarà il rischio di infiltrazioni e di assalto alla diligenza. E comunque per noi l'onestà e la fedina penale pulita restano le condizioni per aderire", conclude.


Riferito allo scandalo di mafia capitale, sottolinea: "Ci chiedono in tanti di candidarci come sindaco a Roma però, nel rispetto delle autonomie, il sindaco di Roma dovrà essere di Roma - sottolinea l'europarlamentare -  Magari tra le tante persone che ci stanno contattando da Roma ci sarà anche il prossimo sindaco o la prossima sindaca, perché no?". In ogni caso "Roma e Lazio sono in ebollizione, è una cosa assolutamente positiva. Ci sono decine di migliaia di richieste entro la fine dell'anno e con gennaio si parte". E promette: "Inizierò a girare in diverse realtà, girando il Sud ho visto che ora c'è consapevolezza del federalismo, dal Salento alla Campania, da Roma alla Sicilia, c'è voglia di autonomia, non alla Crocetta, ma legata alla responsabilità. Adesso c'è maturità al Centro e al Sud che non c'era 15 anni fa"

Nel suo intervento elogia i meridionali, ma un tempo, quando era ancora un semplice deputato della Lega (interamente) Nord e predicava la secessione riempiendo ampolle con l'acqua del Po, li bistrattava a Pontida con cori da osteria Ma lui si giustifica: "Non abbiamo mai attaccato i cittadini, ma il cattivo governo". 


Poi tocca anche altri punti cruciali dell'attualità politica. Primo fra tutti il tema delle alleanze all'interno del centrodestra. "Non parte una guerra nel centrodestra - chiarisce Salvini - il mio competitor non è Berlusconi o Angelino Alfano, ma è Matteo Renzi. L'obiettivo è quello di arrivare al 51% per governare il paese. Questo progetto non sarà una riedizione di vecchie frittate del passato".
 
Il piano salviniano esclude il ministro dell'Interno: "Non faremo accordi a tutti i costi, per Alfano in questo progetto non c'è spazio - aggiunge il segretario della Lega Nord - l'alternativa a Renzi non la costruisco con chi sta governando con Renzi o a metà, sostenendo alcune riforme. Non ci interessa vincere domani mattina ma costruire qualcosa di buono".

Poi non risparmia una staffilata al premier: "Renzi rispetta i vincoli di bilancio avendo massacrato il Paese. Si chiude il semestre italiano di presidenza europea e non se ne accorge nessuno, neanche gli uscieri. E una marionetta al servizio di Bruxelles". E sull'elezioni del nuovo Capo dello Stato aggiunge: "Mi auguro che il prossimo presidente della Repubblica non sia un servo di Bruxelles, un complice dell'euro, che è una moneta morta, e dell'Europa, che permetta l'esproprio della sovranità italiana".

Non si dimentica di citare anche il leader del M5s: "Se Beppe Grillo vuole parlare seriamente del dopo euro noi ci siamo. Ha smesso di insultarci e questa mi sembra una buona notizia. Ma il suo referendum contro l'euro - conclude - resta una sòla (usa persino un termine romanesco, sinonimo di 'truffa', ndr), una perdita di tempo".

Salvini lancia la sfida al Sud «Ma il nostro Dna non cambia»

«Al Nord rimane la Lega. Da oggi si parte» al Sud ma «dico no a chi pensa di prendere un tram per salvare la poltrona. Onestà e fedina penale sono i prerequisiti per evitare rischi di infiltrazioni». Così il segretario del Carroccio Matteo Salvini a Montecitorio presentando la nuova formazione «Noi con Salvini», con cui la Lega lancia la sfida al Sud. «Non stiamo a fare “ricicleria”. Le esperienze politiche» precedenti - prosegue - «saranno valutate con attenzione», aggiunge. E nel corso della conferenza stampa precisa comunque: «Non cambiamo il nostro Dna: autonomia, federalismo, diritto all’autodeterminazione dei popoli»



«Prossimo capo dello Stato non sia un servo di Bruxelles»
Nel corso della presentazione, Salvini si è espresso anche sul prossimo presidente della Repubblica: «Mi auguro che al Quirinale non ci sia un servo di Bruxelles, un complice dell’euro e dell’Europa, che permetta l’esproprio della sovranità italiana» dice il segretario della Lega Nord.


lunedì 15 dicembre 2014

Matteo Salvini, il sorpasso su Renzi e Grillo: il trionfo del leghista nelle cifre social

L'ascesa di Matteo Salvini si legge anche nei dati relativi ai social network, arma di "battaglia totale" sia per Beppe Grillo sia per Matteo Renzi. Ma, ora, tocca al leghista. Certo, Salvini per numero di follower su Twitter e "seguaci" su Facebook resta alle spalle di Grillo e Renzi, staccato e non di poco. Ma non è soltanto questo che conta, come sottolinea La Stampa:bisogna andare a fondo. E dall'analisi emergono due importanti considerazioni: il popolo di Salvini, oltre alla notevole crescita settimanale(+8,8% su Facebook e +4,2% su Twitter, mentre Renzi e Grillo sono sotto all'1%), risulta anche essere il popolo più coinvolto. Si parla del cosiddetto engagement, ossia le interazioni giornaliere sui social: il leader della Lega riesce a far commentare, condividere o far mettere un "mi piace" al 44% di chi lo segue. Grillo si ferma al 5,3% mentre Renzi appena allo 0,6 per cento. Chi scalda di più il suo popolo, insomma, è il leghista.



Il guru - Il successo di Salvini su Twitter, però, ha un segreto che ha un nome e un cognome: Luca Morisi, docente di Informatica Filosofica a Verona, e guru del segretario del Carroccio. Dal suo studio di Mantova, Morisi infatti decide la strategia di comunicazione e coordina un gruppo di lavoro che gestisce la comunicazione di Salvini. Mentre Salvini è in una trasmissione, infatti, noterete che i suo messaggi su Twitter piovono senza soluzione di continuità: un escamotage fondamentale per chi vuole intercettare telespettatori che, magari, in quel momento erano davanti ad un altro canale ma con il loro tablet in mano (non a caso, una recente ricerca Demos, ha messo in evidenza come il 44% degli italiani si informa in un modo ibrido, abbinando la Rete a un media tradizionale; percenutale che sale al 60% tra chi afferma di essere un elettore leghista).

Le cifre - Come detto, se Salvini è leader per quel che concerne l'engagement, è ancora indietro su altri fronti. Largo ai numeri. Su TwitterRenzi ha 1,48 milioni di followers contro gli 1,620 di Grillo; Salvini si ferma a 86mila. Quindi su Facebook Grillo primeggia con 1,72 milioni di fan, contro i 760mila di Renzi e i 533mila di Salvini. Come detto, però, su entrambi i social il tasso di crescita settimanale degli adepti vede trionfare Salvini, primissimo anche in termini di coinvolgimento e partecipazione dei fan.

La flat tax di Salvini costa meno degli 80 euro

Flat tax al 15% per tutti, contribuenti ed aziende. E un’unica deduzione di 3mila euro, fissa, per ogni contribuente. Eccola in due parole la rivoluzione fiscale della tassa piatta, unica, propagandata da Matteo Salvini e spiegata ieri a Milano dall’americano Alvin Rabushka, economista dell’università di Stanford, e da Armando Siri del Partito Italia nuova. Detta così sembra un paradiso. La Lega spiega bene gli effetti positivi: «Paghiamo tutti, paghiamo meno» è il motto. In effetti le imprese avrebbero una drastica riduzione del peso tributario e potrebbero essere quindi più concorrenziali: un meccanismo che è sinonimo di più posti di lavoro. Altro che Jobs Act. Si incentiverebbe la ripresa produttiva e dei consumi, con un’ulteriore crescita delle entrate Iva. Ma anche la burocrazia farebbe la fame con la flat tax: meno costi per le dichiarazioni dei redditi (non sarebbe difficile fare i conti) e meno costi per dare la caccia gli evasori. Ultimo sollievo per le imprese sarebbe - secondo la proposta del Carroccio - l’abolizione della trattenuta alla fonte: in busta paga ci sarebbe il lordo, per cui stop alle rotture di scatole per tutti i sostituti d’imposta.
Gli effetti negativi - Visti gli effetti positivi, perché lo Stato italiano non ha ancora adottato la flat tax? Beh, ci sono anche effetti negativi. Al di là degli esempi propugnati dalla Lega, chiaramente positivi, c’è da dire che un cristo che dichiara 9mila euro l’anno, cioè un pensionato da 700 euro al mese, con nessuno a carico, pagherebbe 900 euro di Irpef al posto delle attuali 350. Certo un single che fa sapere al fisco di guadagnare 60mila euro all’anno, invece di incamerare quasi 3mila netti, ne porterà a casa mille in più. Al mese. I critici insomma sosterranno che la flat tax aumenta la disuguaglianza sociale, ma - è brutto da dire - il meno abbiente non fa girare l’economia, semmai questa riforma fiscale potrebbe ricreare la classe media, che invece sta scomparendo perché sempre più povera con questo sistema progressivo e distruttivo della ricchezza creata.
La svolta - La domanda delle domande però è un’altra. Lo Stato potrebbe sopportare una svolta epocale del genere? Secondo un articolo de lavoce.info l’Italia ci smenerebbe 100 miliardi l’anno. Peccato che al calcolo manchino delle voci, cioè le detrazioni e le deduzioni sulle persone fisiche. Seguiamo però i calcoli de lavoce.info: ogni anno l’imponibile Irpef è di 800 miliardo e, vista la media delle dichiarazioni dei redditi, l’incasso Irpef è di 163 miliardi. Il fatturato dichiarato dalle società è invece pari a 155 miliardi, quindi visto che l’Ires è fissata al 27,5% il gettito è di 40 miliardi. Lo Stato insomma porta a casa circa 200 miliardi annui. Vediamo ora la proposta leghista sull’Irpef: innanzitutto c’è una deduzione di 3mila euro per ogni abitante, 180 miliardi, per cui il calcolo si dovrà fare su 620 miliardi (800 di imponibile meno 180 appunto): allo Stato con la flat tax andrebbero 93 miliardi. E qua il buco è di 63 miliardi. Passiamo all’Ires: con l’aliquota al 20 al posto che 27,5 per cento la perdita di gettito sarebbe di altri 17 miliardi. Insomma la voragine nelle casse dello Stato ammonterebbe a 126 miliardi.
I conti - Tralasciamo per un attimo i benefici sul Pil (un punto di tasse in meno vale lo 0,72% del Pil in tre anni)... Restiamo ai numeri: con la flat tax non ci sarebbero più sgravi su lavoro e pensioni, quindi circa 60 miliardi di spesa in meno. Ed ecco che il buco scende a 66. Con meno incentivi a evadere e pene più severe per i furbetti («evasori in galera e buttiamo la chiave», dice Salvini), potrebbe riemergere un terzo dell’imponibile non dichiarato. Altri 15 miliardi. Siamo a 50 miliardi. Ma se togliamo 23,6 miliardi di agevolazioni sulle imposte dirette alle imprese e 21 miliardi delle detrazioni (quelle del 19%), quasi quasi lo Stato ci guadagna. Per dare gli 80 euro e nemmeno a tutti Renzi ha speso 10 miliardi. Per niente.