In un'ordinanza d'arresto un gip di Udine denuncia l'inefficienza della giustizia: "I delinquenti vengono qui perché sanno che alla peggio patteggi e poi torni libero"
Lo dice un giudice. Meglio: lo scrive, nero su bianco, in un'ordinanza di custodia cautelare. Razzismo? Improbabile. Francesco Florit, Gip in forza al Tribunale di Udine, parte della sua carriera l'ha costruita all'estero, in una terra difficile come il Kosovo, dove per anni ha guidato la task force inviata dall'Ue ad affiancare la magistratura locale nella ricostruzione del diritto nazionale e dell'amministrazione della giustizia. Rientrato in Friuli, s'è ritrovato a far di conto con criminali di ogni risma. Molti stranieri. Come il quintetto moldavo arrivato in trasferta a Lignano il 9 settembre: preso in affitto un appartamento, i cinque hanno rubato 3 Bmw e in meno d'una settimana tra Udine, Tavagnacco, Monfalcone e Mogliano Veneto hanno svuotato due profumerie ed altrettanti negozi di elettronica, arraffando merce per 200.000 euro. Carabinieri e Polizia li hanno arrestati lunedì, eseguendo il provvedimento emesso da Florit. Un atto da cui trasudano sconforto e senso d'impotenza, con la bandiera bianca che si alza sulle macerie del sistema giudiziario italiano. «L'indagine - sottolinea il Gip - è stata condotta con straordinaria efficienza e coordinazione dalle forze dell'ordine. La mole documentale raccolta è impressionante e incontrovertibile». Eppure non basterà. «Perché alcuni stranieri si fanno migliaia di chilometri per compiere ruberie e altri reati nel nostro Paese?», si domanda Florit. La risposta è al rigo successivo: «Sono convinti che qui da noi se mai ti beccano fai un patteggiamento e ti rimettono in libertà. Sanno che la giustizia non è efficiente e il sistema è tale che, dopo poco, si è rimessi in libertà e si può ricominciare come prima». Suggerimento: «Rispetto a tali condotte, di cui si legge nella cronaca locale con frequenza allarmante, è necessario adottare la giusta severità». Quella che fin qui è mancata, facendo dell'Italia il paradiso dei delinquenti da importazione.
Lo attesta l'Istat: «Il peso della componente straniera tra gli autori dei reati è andato aumentando a partire dagli anni Novanta, mentre prima di allora il fenomeno era trascurabile.
Se nel 1990 gli stranieri erano pari al 2,5% degli imputati, nel 2009 essi rappresentavano il 24% del totale degli imputati». E nel 2012 i delinquenti stranieri costituivano già «il 32,6% dei condannati, il 36,7% dei detenuti presenti nelle carceri e il 45% degli entrati in carcere», con una predominanza, tra essi, di romeni, marocchini e albanesi. Ognuno di loro, quando diventa ospite delle patrie galere, costa al contribuente italiano (fonte: ministero della Giustizia) 123,78 euro al giorno. Ma nessuno ci fa caso: spesso la permanenza dietro le sbarre è limitata.
Esempi? A iosa. A giugno a Ravenna un bulgaro uccide un bambino investendolo sulle strisce. Scappa. Arrestato, patteggia e torna a casa. Passano un paio di settimane: a Nogara un tunisino serra la catena di una mountain bike e la porta via. Bloccato dal proprietario, reagisce massacrandolo. Tratto in arresto, l'indomani è già a spasso per il Paese, mentre la vittima è immobilizzata in ospedale, con 30 giorni di prognosi. Ancora: a luglio un marocchino viene sorpreso con 130 grammi di droga nel parco dei bambini, ad Avezzano: era destinatario di un provvedimento di espulsione mai eseguito. Nel frattempo ha continuato a spacciare tranquillamente. E nel giro di 24 ore riguadagna la libertà patteggiando. Ad agosto è un nordafricano a finire in manette a Parma per lo stesso motivo. Il copione non cambia: patteggiamento, scarcerazione.
È la conferma: per delinquere in santa pace, si può venire in Italia: male che vada, patteggi e torni libero
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