mercoledì 28 ottobre 2015

CLANDESTINI - Profughi , la beffa delle quote Dall’Italia all’estero solo 90 migranti in un mese

Dovevano essere trasferiti 40 mila rifugiati: finora accolte 525 richieste. Roma ha speso oltre 1 miliardo e ricevuto 310 milioni 



Il piano era chiaro: 40 mila migranti da trasferire in due anni. Eritrei e siriani via dall’Italia per essere ospitati negli Stati dell’Unione Europea che avevano accettato l’agenda messa a punto dal presidente della Commissione europea Jean-Claude Junker. Un mese dopo la sigla dell’accordo siglato per «alleggerire» la situazione anche in Grecia e Ungheria dopo le migliaia di arrivi dei mesi scorsi, il progetto si rivela quello che in molti temevano: un flop. Per raggiungere il risultato bisognava infatti far partire 80 stranieri al giorno. E invece in un mese soltanto 90 hanno lasciato il nostro Paese: 40 sono andati in Svezia, 50 in Finlandia.

I «nulla osta» sono solo 525

Gli altri rimangono in attesa e a scorrere la lista delle disponibilità rischiano di dover aspettare per mesi, forse per sempre. Perché sono appena 525 le richieste accolte, ma nessuna con effetto immediato. Si materializzano dunque i timori del ministro dell’Interno Angelino Alfano che aveva più volte ribadito la linea del governo: «Apriremo i cinque “hotspot” imposti dalla Ue per effettuare l’identificazione e il fotosegnalamento dei migranti soltanto quando andrà a regime la redistribuzione». E infatti al momento funziona in via sperimentale soltanto Lampedusa, sul resto la partita è aperta. E certamente - soprattutto dopo il chiarimento proveniente proprio da Juncker - il governo farà pesare il proprio impegno nell’accoglienza per ottenere da Bruxelles la maggiore flessibilità possibile nella tenuta dei conti pubblici. Anche tenendo conto che solo per quest’anno i costi hanno superato il miliardo di euro.

Dieci in Germania venti in Francia

Il sistema «Dublinet» è una sorta di cervellone dove vengono inserite le schede di tutti gli stranieri «registrati» e le indicazioni sulle possibili destinazioni. Tutti gli Stati membri sono collegati e gli uffici competenti accedono in tempo reale. In Italia è gestito dal Dipartimento Immigrazione del Viminale diretto dal prefetto Mario Morcone. I richiedenti asilo non possono esprimere preferenza sul Paese dove andare, ma durante il vertice a Bruxelles si era stabilito di tenere conto di eventuali motivi per privilegiare una meta piuttosto che un’altra: presenza di familiari, conoscenza della lingua. Evidentemente anche questo non è stato però sufficiente per convincere i vari governi a concedere il via libera. La Germania - nonostante la cancelliera Angela Merkel avesse addirittura dichiarato pubblicamente di voler accogliere tutti - ha dato disponibilità per dieci posti. Va un po’ meglio con la Spagna: 50 persone. Appena 20 per la Francia. La Svezia ne può prendere 100, la Finlandia ne accetterà 200. Sul resto, buio totale. Tra i Paesi che avevano mostrato apertura, sia pur timida, c’erano Olanda e Portogallo. E invece nulla, al momento hanno comunicato che non possono prendere nessuno.

Tutto fermo sugli «hotspot»

A questo punto bisogna attrezzarsi. Secondo i dati aggiornati al 25 ottobre sono giunti nel nostro Paese 139.770 persone, tra loro 37.495 eritrei e 7.194 siriani. In tutto sono dunque 44.689 gli stranieri tra i quali si sarebbe dovuto scegliere chi far andare altrove. Rispetto allo scorso anno c’è stata una sensibile diminuzione degli sbarchi, pari al 9 per cento, visto che nel 2014 furono 170.100. Molti di loro sono tuttora presenti e distribuiti nelle strutture governative e in quelle temporanee reperite dalle prefetture nelle Regioni utilizzando anche alberghi, residence, campeggi. L’Italia finora ha speso un miliardo e 100 milioni di euro, dall’Europa è previsto che arrivino appena 310 milioni di euro. Una cifra irrisoria, soprattutto tenendo conto che altri soldi dovranno essere stanziati per l’apertura degli altri «hotspot» a Pozzallo, Porto Empedocle, Trapani.

Per ora si è deciso però di fermare tutto. Visti i primi risultati, il governo ha deciso di bloccare l’apertura dei centri di smistamento. Del resto tutti i tentativi, anche recenti, di varare un piano comunque con gli altri Stati sono falliti miseramente e i numeri contenuti nel cervellone «Dublinet» ne sono la prova più evidente. 

Gli altri rimangono in attesa e a scorrere la lista delle disponibilità rischiano di dover aspettare per mesi, forse per sempre. Perché sono appena 525 le richieste accolte, ma nessuna con effetto immediato. Alfano aveva affermato: "Apriremo i cinque “hotspot” imposti dalla Ue per effettuare l’identificazione e il fotosegnalamento dei migranti soltanto quando andrà a regime la redistribuzione". E infatti al momento funziona soltanto Lampedusa. Gli altri non sono operativi. Mentre il governo è sempre più timido con l'Europa, i migranti continuano a restare qui. Un film già visto. Promesse vane di un governo che non sa più cosa fare nell'attesa di una flessibilità da Bruxelles che è come una cambiale: più migranti, più fondi per Roma. L'ennesima beffa.

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