Il segretario della Lega Nord Roberto Maroni (Fotogramma)
MILANO - La vittoria, come si dice, «è politica». È sta tutta nella quasi certa conquista della Lombardia da parte di Roberto Maroni. Il leader nordista ieri sera, nel suo quartier generale rideva sotto i baffi: «Sono molto fiducioso». Eppure, se in via Bellerio si ride, sul mitico territorio c'è assai meno da stare allegri: senza il neo governatore in pectore, quella di ieri sarebbe una sconfitta vistosa. Clamorosa in Veneto, fin qui roccaforte indiscussa del movimento.
Che sulle Regionali 2010 perde (sia pure proiettando sulla regione il dato della Camera) più di due elettori su tre: con la quasi totalità delle sezioni scrutinate, dal 35,1% i nordisti sono passati a un ben poco entusiasmante 10,9%. E anche in Piemonte c'è ben poco di cui gioire: dal 16,7 del 2010 si passa nella circoscrizione 1 al 3,3%, nella 2 al 6,5%. Persino nella «madrepatria», in Lombardia, il Carroccio passa dal 21,6% del 2008 all'attuale 14,1%. Difficile dire che cosa sarà alle Regionali, vista la variabile della lista Maroni presidente.
Per quanto riguarda il risultato complessivo per il Parlamento, a scrutinio quasi completato i nordistiottengono il 4,15% a Montecitorio e il 4,32% a palazzo Madama. Anche qui, non propriamente un boom. Maroni, tuttavia, non ne fa un dramma: «Stiamo risalendo rispetto a qualche ora fa - osserva nel tardo pomeriggio -, finiremo sopra il quattro per cento sia alla Camera che al Senato». Peccato soltanto che nel 2008 il Carroccio superasse l'otto per cento: «Ma lì venivamo dall'esperienza fallimentare del governo Prodi. Il 4% è la nostra soglia tipica. Abbiamo preso quell'ordine di grandezza di voti sia nel 2001 che nel 2006, quando peraltro eravamo alleati con Lombardo e l'Mpa». Inoltre, aggiunge il segretario, «basta guardarsi in giro: l'Udc è tra l'uno e il due per cento, Ingroia è stato un flop e così Sel. Noi non potevamo essere competitivi al di fuori della coalizione».
E dunque, appunto, la mossa vincente è stata quella, assai contestata sul territorio, di tornare ad allearsi con Silvio Berlusconi. È il «disgelo dei voti pdl grazie a Silvio» su cui Maroni aveva scommesso tutte le sue fiches. Gianni Fava da Mantova la vede dall'opposto punto di vista. Non è tanto che la Lega debba ringraziare Berlusconi. È che «nelle regioni dove siamo più radicati siamo fondamentali per determinare la vittoria e la sconfitta». Il deputato vede il bicchiere mezzo pieno persino in Piemonte: «Certo. Perché il risultato ci dice che una regione che era data per scontata al centrosinistra è diventata assolutamente contendibile, anzi con i dati reali il centrodestra è in vantaggio, e in quel vantaggio c'è dentro il 5,5% in più che è determinato dalla Lega».
Resta il fatto che il Veneto è un buco nero. Per colpa di chi? Ancora lui, Silvio Berlusconi: «Dal punto di vista delle Politiche, l'alleanza con Berlusconi l'abbiamo pagata». Non che si potesse fare diversamente: «È chiaro - ha aggiunto - che se questa alleanza ci consentirà di governare in Lombardia con Maroni sarà valsa la pena, alla luce di questo risultato strategico».
Strategico sì, ma che rischia di dare molto lavoro e molti grattacapi sia a Tosi che al governatore Luca Zaia. Giancarlo Galan, l'ex governatore che dovette rinunciare a ricandidarsi per la ragion politica della presidenza alla Lega nel 2010, brucia le tappe. Prima, osserva che «c'è stato un crollo senza precedenti nella storia ed è quello della Lega Nord». Poi, senza perder tempo, pone il tema del rimpasto: «Io mi aspetto che domani i miei del Pdl veneto vadano da Zaia e gli dicano che non esiste che, in un rapporto che ci vede due a uno rispetto alla Lega, il presidente della giunta e l'assessore alla sanità siano di chi ha uno». E cioè, sempre il Carroccio.
Inoltre, non è da sottovalutare il fronte interno. Un altro che non perde tempo è Massimo Bitonci, già sindaco di Cittadella. Oggi capolista al Senato, l'anno scorso era stato lo sfidante di Tosi al congresso veneto. E ieri sera, a spoglio ancora da completare, osservava: «Il dato per la Lega è molto negativo, è inutile fare giri di parole. Ora si apre una riflessione e, se i militanti lo vorranno, sono favorevole ad un nuovo congresso». Lo stesso governatore, Luca Zaia, è vagamente minaccioso: «Alla fine, quando avremo un risultato finale che ci permetterà di fare una lettura della Lega in Veneto rispetto anche alle altre regioni, tireremo le conclusioni analizzando fino in fondo i motivi del risultato e le eventuali responsabilità». Insomma, il prezzo della (probabile) vittoria in Lombardia è ancora tutto da capire.
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