lunedì 6 luglio 2015

Fatima, l’italiana convertita: la jihad A CASSANO !!! il Corriere!

Cari concittadini vi invitiamo a leggere la didascalia della fotografia di questo articolo pubblicato sul Corriere della sera.

Quando in campagna elettorale parlavamo di mosche in piazza, abbiamo solo anticipato quello che sta accadendo in questi giorni e che solo i “signori” della Sinistra fanno finta di non vedere e che anche oggi cercano di negare in ogni modo.

A CASA SUBITO !!!



http://bergamo.corriere.it/notizie/opinioni/15_luglio_06/fatima-l-italiana-convertita-jihad-via-internet-97e965a6-23c7-11e5-a98d-32629d3b799b.shtml


Fatima, l’italiana convertita: la jihad via Internet
La sposa di Treviglio si era preparata alla Siria con «lezioni» online

di Davide Ferrario


Chi, per età, ha vissuto l’altro momento della storia dell’Italia moderna in cui la nazione si è trovata a combattere una minaccia terroristica, resta disorientato davanti alla vicenda di Maria Giulia Sergio, la giovane di Inzago maritatasi a Treviglio con un albanese e con lui emigrata a combattere in Siria per la Jihad. I giornali sono pieni dei tre ritratti che ne scandiscono i tempi della conversione: dapprima il suo volto «normale», simile a quello di tante ventenni lombarde; poi con il velo rincalzato sul capo a nascondere i capelli secondo i dettami islamici; infine, solo due occhi sprofondati in un burqa a sancire la definitiva devozione alla causa.

Fatima con la mamma nel 2014 a Cassano D’Adda

Colpisce soprattutto il modo in cui la ragazza, secondo gli investigatori, si è radicalizzata: via internet, dapprima con un interesse generico ai siti islamici e poi con un rapporto diretto (via Skype) con quella che - negli anni settanta - si sarebbe definita una “cattiva maestra”. Faccio riferimento a quel periodo proprio perché ventenne lo fui allora e ben ricordo come io e moltissimi altri siamo andati vicini a simpatizzare per la lotta armata contro lo Stato. Innanzitutto, per convinzioni personali e motivazioni storiche: ma non è questa la sede per parlarne. Ma soprattutto, in uno dei maggiori movimenti di contestazione occidentali, perché era facile percepire dovunque che aderire al progetto di rivoluzione, o quantomeno di rivolta, ti faceva entrare in qualcosa di più grande - fisicamente, materialmente percepibile con gli amici, a scuola, nelle strade e nelle piazze. Era la relazione con gli altri che ti spingeva emotivamente in una direzione che poi qualcuno prese per infilarsi in un viale senza ritorno.


Niente di simile accade con i jihadisti di casa nostra. In perfetta sintonia con lo spirito dei tempi, diventi guerrigliero via internet e solo in un secondo tempo trovando una comunità di riferimento. E, non a caso, il «verbo» della ribellione assume i contorni della rivelazione divina, agli antipodi di quello che fu un movimento laico e materialista, basato sulla ragione. Tutto questo rende molto difficile prevenire storie come quella di Maria Giulia (o Fatima, come si fa chiamare adesso). Sono storie che si formano nel silenzio del web, di una relazione con il virtuale che non scende mai nella dialettica del confronto di piazza, per esempio. D’altra parte, questo stesso isolamento concorre alla marginalizzazione di casi simili. Non è ipotizzabile un’adesione di massa paragonabile a quella di 40 anni fa. Ma resta una consolazione che non cancella l’inquietudine.

Nessun commento:

Posta un commento

Lascia un tuo commento