venerdì 12 aprile 2013

I paradossi della Merkel. La Germania rifiuta il Fiscal Compact


Dopo aver imposto a Paesi come l'Italia il Fiscal Compact, la Germania fa dietrofront. La Bundesrat rifiuta il Trattato sulla stabilità. I salassi fiscali valgono solo per i più piccoli?



Il Fiscal Compact – abbreviazione del Trattato sulla stabilità, il coordinamento e la governante nell’Unione economica e monetaria – è stato rifiutato dal suo principale promotore: la Germania. La riforma che obbliga i Paesi a garantire un bilancio delle amministrazioni pubbliche «in equilibrio o in avanzo» è stato rimandato alla Commissione di mediazione dal Bundesrat tedesco nell’inizio del marzo 2013.

La notizia ha dell’incredibile per due motivi principali. Innanzitutto perché Paesi come l’Italia sono stato indotti a ratificare il Fiscal Compact e ad accettare persino unPremier imposto – checché se ne dica – dalla BCE e dai pianti alti della finanza internazionale proprio a causa del pressing merkeliano. Ma soprattutto il fatto in sé, a prescindere dalle sue implicazioni nazionali, risulta paradossale perché nessuno ne ha parlato nel resto del mondo tranne qualche singola testata online, ovviamente lontanissima dai canali mainstream. E non ci si riferisce in questa sede ad una velata disinformazione o a qualche raro accenno. Si parla di un silenzio assoluto da parte di un apparato mediale che sembra aver avuto tutto l’interesse a far passare in sordina una notizia che, a conti fatti, avrebbe delegittimato mesi – se non anni – di moralizzazioni a sfondo finanziario da parte di Paesi che, in primis, non hanno sostenuto le soluzioni propagandate come “necessarie”. Necessarie, sì. Ma per gli altri.

Il Fiscal Compact, nel suo articolo 3.1 sancisce che «il deficit strutturale annuale delle amministrazioni pubbliche» deve risultare «inferiore allo 0,5% del Pil» per considerare garantito l’obiettivo prefissato. Paesi come l’Italia hanno dovuto ridurre la spesa pubblica ed aumentare le entrate – indovinate un po’, attraverso la tassazione – con l’effetto devastante di aver fatto crollare la domanda, i consumi affossando dunque le imprese. La Germania, dopo aver preso in mano le redini dell’Europa, sembra imporre le regole ai più “piccoli” senza l’obbligo morale di doverle rispettare. L’Unione Europea, mano mano che il tempo passa, si sta svelando per quello che è: un’abnorme pressione esterna che poggia semplicemente sugli interessi di pochi oligarchi a discapito di tutti gli altri. Quanto potrà durare questo inganno non ci è dato saperlo.

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