sabato 25 maggio 2013

Il corriere - Le manovrette dei Cinque Stelle

Dove sono finiti reddito minimo, Irap, Equitalia, Imu? Sui parlamentari di Grillo sembra sceso un velo d'indifferenza

Quando un governo ancora non c'era, dicevano che il Parlamento avrebbe potuto funzionare nella pienezza delle sue prerogative, anche facendo a meno dell'esecutivo. Ma da quando un governo c'è, discettano compulsivamente solo di diarie, rimborsi, scontrini. Proposte di legge di quelli che in teoria dovrebbero interessare la «gente»? Zero: solo manovrette della più tradizionale bassa cucina della politica, come l'iniziativa sull'ineleggibilità di Berlusconi architettata per stanare il Pd e lucrare sulla sua devastante crisi. Ma davvero il Movimento 5 Stelle crede di star offrendo uno spettacolo di efficienza e operosità parlamentare a chi sperava che la «società civile» avrebbe avuto finalmente voce dentro le istituzioni?



Si può essere efficienti anche dall'opposizione, imporre l'attenzione su alcuni provvedimenti, migliorare alcune leggi partorite dalla maggioranza e sulle quali non si è in disaccordo, fare proposte di legge, contribuire a stabilire un calendario di iniziative parlamentari, lavorare sodo nelle Commissioni, magari con minore eco mediatica ma con un'attività utile non solo al gruppo cui si appartiene, divulgare all'esterno ciò che accade nelle stanze in penombra del «Palazzo». Ma i parlamentari del 5 Stelle non sembrano portatori di qualche competenza. Difficile capire cosa sia esattamente la «società civile», ma è difficile immaginare che nella «società civile» si agitino questioni come quelle che ossessionano i grillini.

Non fanno che parlare di «streaming», stanno sempre a discutere sul blog della casa, si controllano l'un l'altro con uno zelo sconosciuto persino nei vecchi partiti centralizzati, istruiscono processi a chi ha osato recarsi a una trasmissione tv sgradita al Capo, usano in forme maniacali la parola «rendicontazione»: non che la rendicontazione non sia importante ma non può nemmeno essere il principio e la fine di ogni interesse. Lo scontrino è diventato un feticcio, la diaria rifiutata un segno di identità. Sono prigionieri delle loro liturgie, come se il chiamarsi «cittadini» anziché «onorevoli» fosse la cosa più importante del momento.

E il reddito minimo garantito? Il premier Letta ne aveva persino accennato nel suo discorso per la fiducia. Ma i deputati 5 Stelle non lo incalzano, non lo mettono alle strette, non chiedono l'applicazione, almeno in parte, di un provvedimento che considerano decisivo e indispensabile. Beppe Grillo aveva detto che i deputati del suo Movimento avrebbero votato, fiducia a parte ovviamente, caso per caso. Ma questi buoni propositi sembrano svaniti. Prima ancora del voto sembra che un velo di indifferenza sia calato tra i parlamentari di Grillo e le cose che sarebbe necessario fare. E l'unico oggetto degno di attenzione appare il contenzioso sui portavoce, sui soldi dei rimborsi, sulle questioni interne al movimento.

In campagna elettorale Grillo parlava di Imu, di Irap, di Equitalia. Ma tutto appare avvolto da una nebbia. La questione della pubblicità delle discussioni interne, e il controllo reciproco sui comportamenti altrui, hanno preso il sopravvento su tutto il resto. Gli altri partiti sono in difficoltà. Alcuni addirittura annaspano, commettono errori sconcertanti come la proposta per sbarrare a movimenti come quello di Grillo la porta delle elezioni. Ma il Movimento 5 Stelle non dà un'immagine molto diversa da quella offerta dai partiti tradizionali. Le sirene del Palazzo lo stanno conquistando. La «società civile» tanto lodata, alla fine sparisce. Come bilancio dei primi tre mesi della nuova legislatura, il risultato appare sconfortante.

Pierluigi Battista

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