lunedì 14 gennaio 2013

Maroni: se vinciamo le elezioni, io capo della coalizione al Nord


«Contro Roma rappresentanza unica di Lombardia, Veneto e Piemonte». «Una seconda sede del Consiglio di Stato»

Roberto Maroni (foto Cavicchi)Roberto Maroni (foto Cavicchi)
MILANO - Maroni, ce lo dica. Chi sarà il premier del centrodestra qualora vinceste le elezioni? 
«Questo non è un problema. È la polemica senza senso sollevata da chi ha paura. Parlo di Bersani e di Casini».

Veramente, Bersani non sembra messo poi così male. 
«Lei dice? Io credo che qualcuno abbia fatto i suoi calcoli troppo presto e non abbia capito la portata del patto che abbiamo sottoscritto nei giorni scorsi con il Pdl. In una sola settimana, abbiamo cambiato la faccia della politica italiana».

Ce la può dire lei, la portata? 
«Per molti, è lo spettro che ritorna. È l'Occhetto bis: la gioiosa macchina da guerra della sinistra che va a schiantarsi contro la potenza della squadra di Berlusconi». Roberto Maroni, classe 1955, è il candidato governatore della Lombardia per un centrodestra tornato all'unità in tutta Italia.

Va bene. Ma il sogno di sapere, come nelle democrazie mature, chi sarà il premier già la sera delle elezioni? 
«La procedura è nota. Chi vince, indica al capo dello Stato il nome di chi dovrà fare il premier. E dunque, al momento opportuno, noi e il Pdl, di comune accordo, indicheremo quel nome».

Lei non ha già indicato Tremonti? 
«Certo. Questo, tra l'altro, rafforza il rapporto che c'è tra noi e il suo movimento. Ma, appunto, il premier uscirà dal confronto con gli alleati».

Lei è sicuro che il patto sia apprezzato da tutti gli elettori della Lega? 
«I malumori e i maldipancia erano fisiologici, ma credo stiano rientrando. Certo, ci è voluto coraggio. Noi, abbiamo posto tre punti fermi. Primo, il Pdl ha ritirato il sostegno al governo Monti. Condizione necessaria, ma non sufficiente. Poi, sono arrivate le firme sotto ai nostri punti programmatici».

Il 75% del gettito fiscale mantenuto nelle Regioni che lo producono? 
«Certo. E anche l'Euroregione del Nord. Per noi il combinato disposto tra tasse sul territorio e macroregione rappresenta la differenza tra realizzare o non realizzare il nostro sogno».

Dicono: la Lega si allea con partiti del tutto eterogenei come La Destra di Storace .
«Con molti di questi partiti già lavoriamo, e bene, da anni».

Dicono: la Lega si allea con i Cosentino. 
«Io garantisco per i miei, anche se vorrei che in coalizione non ci fossero nomi difficilmente presentabili. Comunque, questa è una critica che si può fare al Pdl come al Pd. Grillo ha documentato tutti gli indagati che il Pd ricandida. Ma non intendo fare una campagna su chi ce l'ha più puro, il casellario giudiziario».

Se dovesse diventare il nuovo governatore lombardo, quale sarà il suo primo atto? 
«L'accordo è già fatto. Un minuto dopo il mio insediamento, insieme con i presidenti Roberto Cota, Luca Zaia e, se vuole, Renzo Tondo, costituiremo un nuovo soggetto istituzionale di rappresentanza dell'Euroregione che si batterà con Roma in tutte le circostanze in cui occorrerà farlo».

E se non vinceste? 
«La forza delle tre Regioni riunite in un'unico soggetto sarebbe tale da dettare comunque le sue condizioni. Del resto, è la stessa Unione europea che promuove l'aggregazione tra Regioni, magari anche transfrontaliere. Noi siamo molto più europeisti di tanti professoroni italiani». 

Il presidente campano Stefano Caldoro ieri ha detto che il Sud non accetterà mai il mantenimento del 75% delle tasse sui territori. Lei è certo che tutto il centrodestra sia allineato? 
«Caldoro può andare a leggersi il programma che anche il suo segretario ha sottoscritto sabato scorso. Tra l'altro, ci sono altri nostri punti che sono stati accettati dagli alleati».

Per esempio? 
«Gli appalti a chilometro zero. La possibilità per gli enti locali di privilegiare le proprie imprese. E poi, l'apertura di una sezione distaccata del Consiglio di Stato al Nord. È una novità assoluta: oggi tutti i ricorsi vanno discussi a Roma. Avere un Consiglio di Stato dalle nostre parti significa disporre di un organo giurisdizionale che conosce meglio la realtà del nord». 

Parecchie cose. Ma c'è anche chi dice che il 75% del Fisco sul territorio sia, semplicemente, impossibile.
«In Italia c'è già una Regione che ha inserito in Statuto il mantenimento del 100% sul proprio territorio: la Sicilia». 

Ma quella non è una Regione a Statuto speciale? 
«E noi siamo molto più speciali». 

È sempre convinto di non candidarsi alle Politiche? 
«Certo. È un fatto di correttezza nei confronti dei lombardi. In questo, Gabriele Albertini ha dimostrato di essere già convinto di perdere. E infatti si è candidato al Senato. Io non l'ho fatto anche se la Lega mi ha chiesto di essere il capolista in tutte le circoscrizioni. E poi, fare il governatore è un lavoro a tempo pieno, richiede testa e presenza. Significa essere il capo di tutta la coalizione e non soltanto della Lega».

A ben guardare, significa essere il capo di tutto il Nord. O no? 
«È una prospettiva nuova. Stiamo passando da una normale logica di coalizione sulle Regionali a una coalizione del grande Nord. Certo, richiederà un grande lavoro, ma è davvero una prospettiva nuova e interessante».

È sempre convinto anche di lasciare la segreteria qualora eletto?
«Sì. Come si dice? Un culo, una sedia. Anche perché so che ci sono parecchi giovani che nella Lega possono svolgere quel ruolo». 

Bossi sarà ricandidato?
«Assolutamente sì, alla Camera. Non solo per la sua storia e quel che rappresenta nel cuore dei militanti, ma per il ruolo fondamentale che ha svolto in questi mesi per tenere unita la Lega. Poteva ascoltare le lusinghe e le offerte di chi lo invitava a rovesciare il tavolo. Ma non lo ha fatto, nonostante per lui non sia stato facile accettare i cambiamenti. Il rilancio della Lega si deve anche a lui, che merita un ringraziamento non solo personale ma anche politico». 

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