domenica 15 aprile 2012

La macchina del fango contro la Lega: sei Procure indagano sul nulla

Milano, Napoli, Reggio Calabria, Genova, Bologna, Reggio Emilia. Sono ben sei le Procure, e una decina di magistrati, ad indagare sulla gestione dei rimborsi elettorali della Lega. Uno spiegamento di forze impensabile, soprattutto se paragonato al ben più clemente atteggiamento adottato dalla magistratura nei confronti della vicenda Lusi e dei soldi sottratti dalle casse della Margherita “all’insaputa di Rutelli”.
Sembra strano, ma l’inchiesta giudiziaria in sé non è particolarmente rilevante, né lo sarà nel remoto caso di rinvii a giudizio a carico di esponenti del Carroccio.
In realtà è l’opera di disinformazione mediatica a giocare un ruolo decisivo nella vicenda: titoloni, intercettazioni pubblicate, condivisioni sui social network, con conseguente “tsunami” in uno sconvolto elettorato leghista e ancor più dentro il partito stesso.
Quelli che sono gli equilibri e le dinamiche interne della Lega, con eventuali correnti, rivalità, scalate al vertice del movimento, sono ovviamente problemi esclusivi del Carroccio, anche se gli organi di informazione puntano a trasformare il tutto in una questione nazionale.
All’opinione pubblica dovrebbe semmai interessare l’aspetto giudiziario, ossia la possibilità che esponenti della Lega abbiano commesso reati. Ebbene, questa possibilità è assai remota.
Anche se dalla pubblicazione delle intercettazioni sembrerebbe il contrario, non sono certo il fidanzato di Rosy Mauro, le auto di lusso, le multe e gli studi di Renzo Bossi, l’operazione chirurgica al naso di Eridano Bossi, i bonifici per le polizze della casa di Umberto Bossi a poter interessare i magistrati.
Si parla di rimborsi elettorali, che come si sa provengono sì dalle tasche dei cittadini, ma una volta che finiscono nelle casse del partito diventano privati. Non esiste alcun vincolo su come spenderli.
Come per gli investimenti in Tanzania e Cipro, i “soldi sottratti alla Lega” da parte del tesoriere Francesco Belsito, per operazioni che nulla hanno a che vedere con campagne elettorali o spese per il movimento, non possono costituire alcuna notizia di reato.
Ad interessare le Procure è semmai la presenza di eventuali irregolarità di bilancio o pagamenti in nero, sulla base di testimonianze – strano ma vero – di alcuni ex esponenti del Carroccio buttati fuori dal partito.
L’ipotesi che i magistrati mettono sul piatto è che le entrate nelle casse della Lega non siano regolarmente contabilizzate. Senza tale ipotesi, nessuna indagine sarebbe potuta partire. Con questa ipotesi, invece, le indagini sono giustificate, e può essere avviata la macchina del fango con tanto di pezzi di intercettazioni pubblicati su tutti i giornali. Se poi non è vero che vi sono irregolarità di bilancio nella Lega, poco importa: ormai il fango è stato gettato, con tutte le conseguenze del caso.
Il problema però è solo uno, e non certo di poco conto: se una simile ipotesi di entrate non contabilizzate fosse valida e suffragata da indizi credibili, ci sarebbe la concreta possibilità che il tesoriere faccia sparire le prove insabbiando tutto in men che non si dica. Non sarebbe certo difficile. Dovrebbe quindi scattare la custodia cautelare pressoché immediata a carico di Francesco Belsito, ma, a quasi una settimana di distanza dall’esplosione del bubbone giudiziario, l’ex tesoriere della Lega dimissionato dal partito è ancora libero.
C’è qualcosa che non va.
Veniamo ai personaggi chiave dell’inchiesta. Carla Rustichelli, ex tesoriera della Lega a Bologna, è stata espulsa nel 2009: oggi accusa lo stesso partito da cui è stata cacciata. Idem Alberto Veronesi, ex leghista che nel 2010 aveva già presentato un esposto per illeciti nella gestione dei rimborsi elettorali: caso archiviato quasi subito; Helga Giordano, ex dipendente della Lega cacciata perché accusata di aver truffato una militante; Cristina Berlanda, una dei quattro revisori dei conti della Lega, la quale sostiene di non aver più messo piede in via Bellerio da anni e non aver più firmato documenti.
Questi sono i principali accusatori.
I grandi “maneggioni” sono invece “autorevoli” e “influenti” personaggi dei quali non si è quasi mai parlato fino a due mesi fa. Perfetti sconosciuti. Bruno Mafrici, consulente legale mai diventato avvocato; Romolo Girardelli, detto “l’ammiraglio”, procacciatore d’affari per la criminalità organizzata che secondo gli inquirenti avrebbe avuto contatti con Belsito; Stefano Bonet, consulente finanziario che avrebbe contatti persino con il Vaticano.
Ma chi sono costoro? Perché su questi personaggi non si trova alcuna notizia più vecchia di due mesi fa?
Lo “scandalo Lega” non è quindi un vero scandalo giudiziario, ma nasce dalla solita opera di disinformazione dei media. E dalla pubblicazione di intercettazioni telefoniche che, come ormai si sa, sono filtrate e montate dai giornalisti che le pubblicano, sono regalate dai magistrati ai giornalisti in modo illegale e al solo scopo di strumentalizzazione politica, spesso sono estranee al contesto delle indagini e non vengono mai utilizzate in fase di dibattimento quando (e se) parte il processo. La vicenda Lega rientra perfettamente in questa casistica: la pubblicazione delle intercettazioni è servita a gettare fango sul movimento, acuire le divisioni interne, far infuriare i militanti. Ma difficilmente ci saranno risvolti giudiziari.

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