mercoledì 16 maggio 2012

Ma un pentito della 'Ndrangheta smentisce Saviano sulla Lega Nord

Roberto Saviano, lo scrittore di Gomorra, si è tirato via un paio di sassolini dalla scarpa durante la trasmissione «Quello che non ho» in onda ieri sera su La7. Ha ricordato di quando nel dicembre del 2010 parlò del rapporto tra 'Ndrangheta e Carroccio. Di come i clan cercassero i contatti con tutti i partiti politici, tra questi anche il movimento di Umberto Bossi. Roberto Maroni, all'epoca ministro dell'Interno, replicò duramente dicendo: «Sono falsità». Ma poi ci sono state le indagini di questi ultimi mesi e l'ex tesoriere Francesco Belsito indagato pure dalla procura di Reggio Calabria insieme ai presunti «broker» dei clan calabresi, Romolo Girardelli e Bruno Mafrici. Le indagini vanno avanti e la posizione dei tre non è delle migliori, anche perché ci sono di mezzo tre procure compresa quella di Tirana, Albania, altra zona di riciclaggio. Ma per dovere di cronaca bisogna raccontare che oggi l'Ansa ha fatto uno scoop sentendo il pentito Luigi Bonaventura. Il nome di Bonaventura è circolato negli ultimi giorni sui quotidiani perché sarebbe stato lui a dire secondo un boss calabrese: «Il partito che odia i terroni ce l'abbiamo in mano noi».
Ma oggi ha ritrattato. Secondo la ricostruzione dell'Ansa, «un anno fa circa la cosca della 'ndrangheta dei De Stefano avrebbe avvicinato un pentito per cercare di convincerlo a 'tirare in ballò la Lega Nord nelle sue dichiarazioni ai magistrati. Il clan stava portando avanti «un'operazione di riciclaggio da 70 milioni di euro e c'erano da riciclare anche i fondi neri dei partiti, ma qualcosa poi non ha funzionato». Bonaventura, che da 5 anni sta riempiendo pagine di verbali con diverse Procure e che ha intenzione «di continuare a collaborare nell'interesse della verità», ha deciso «di parlare con la stampa» per accendere un 'farò sulla sua condizione. «Altrimenti - ha chiarito - sarei spacciato, perchè io sono una bomba che cammina e che esploderà, perchè mi faranno fuori». 
Da qui un appello alle istituzioni, spiega all'Ansa il pentito: «Chiedo di poter andare a vivere all'estero con i miei figli e ricostruire una vita normale, sempre continuando a collaborare, perchè io sono un 'pentito verò e ho spezzato la catena che mi legava alla 'ndrangheta». Stando alle sue parole, però, c'era chi voleva che lui - una volta a capo dell'omonima cosca del Crotonese - diventasse un «finto pentito». Nel 2011, racconta Bonaventura «i De Stefano mi hanno avvicinato facendomi capire che mi potevano dare soldi e potevano aggiustare i processi, se io avessi fatto il 'finto pentitò per loro. Avrei dovuto anche, mi dissero, 'toccarè la Lega». Cioè coinvolgere il partito di Umberto Bossi con le sue dichiarazioni. Bonaventura non accettò e andò avanti nella collaborazione con i magistrati, «perchè io voglio che venga fuori la verità»

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