sabato 6 ottobre 2012

“Macroregione? Una via obbligata per restare in Europa” Intervista a Davide Boni di Riccardo Ghezzi


Intervista di Riccardo Ghezzi da 

Davide Boni, presidente del Consiglio regionale lombardo fino allo scorso aprile, è stato presidente della provincia di Mantova dal 1993 al 1997 e assessore regionale all’Urbanistica dal 2005 al 2010. Alle elezioni regionali del 2010, Boni è stato il più votato tra i leghisti avendo ottenuto oltre 13.000 preferenze. In questa intervista rilasciata in esclusiva per Qelsi, ci parla di decentramento, federalismo e Milano targata Pisapia.
Davide Boni, la notizia del momento sembra essere lo “scandalo Regioni”: dal Laziogate alle perquisizioni in Emilia Romagna e Piemonte. E un tam tam mediatico che sembra quasi un tentativo di delegittimare gli enti locali, è così?Premettendo che ciò sta succedendo nel Lazio a me pare una guerra tra bande, bisogna anche dire che la legislazione della regione Lazio è diversa rispetto a quella della Lombardia: qui in Lombardia non sarebbe permesso ciò che è stato permesso nel Lazio.
L’attuale attacco frontale, anche mediatico, a quelli che sono i principali enti amministrativi locali, cioè le regioni, è però molto chiaro.

C’è già stato un primo passo con la distruzione delle province, che peraltro bisogna ancora capire in che modo sarà attuata. Se si taglia l’organo politico, la struttura resta in piedi in ogni caso. Non credo che di punto in bianco vengano lasciati per strada tutti i dipendenti.
Si vuole tornare a un sistema centrale, con la vecchia logica del Ministero degli Interni che da Roma gestisce regioni, province, prefetture e comuni.

Più volte la Lega ha sostenuto che con Mario Monti siano stati fatti dei passi indietro sul federalismo. Perché?Il sistema che vediamo dà questo risultato, si sta tornando ad una gestione centralista romana, e dico romana solo perché Roma è la capitale.

Non mi stupirei se il prossimo passo fosse l’abolizione degli attuali Consigli comunali, sul modello americano del Council manager o della Commissione cittadine, riducendo i Comuni ad un sindaco e quattro assessori senza più elezione diretta del sindaco. Peraltro gli Usa hanno un sistema confederale, non federale, quindi ogni Stato ha un grado di autonomia maggiore rispetto a quello previsto in una federazione.
Il passo indietro di Monti consiste nel fatto che con il pretesto di tagliare le spese sono state tolte risorse agli enti locali. Ma ad essere sbagliata è soprattutto la logica secondo cui i dissesti locali vengano ripianati a livello nazionale. Non metto in dubbio che ad esempio nel Lazio si sia sbagliato, ma se i soldi sprecati fossero solo dei laziali, sarebbero i laziali stessi ad essere maggiormente responsabilizzati nella scelta degli amministratori. E in ogni caso i loro soldi sarebbero gestiti, nel bene o nel male, da amministratori scelti da loro.

Si parla di macroregione del nord. E’ un sogno realizzabile?Credo che non sia un sogno, ma una via obbligata se vogliamo restare in Europa.
Con il doppio euro?Più che il doppio euro, oggi il problema reale consiste nel fatto che questa Europa unita solo con parametri finanziari sta evidenziando le differenze anche all’interno di uno stesso Stato membro e non solo tra diverse aree dell’Europa.

Passiamo alla Lombardia, più precisamente a Milano. E’ vero che da quando Pisapia è sindaco la città è meno sicura?C’è meno attenzione nei confronti della microcriminalità. Per quanto riguarda mafia, ‘ndrangheta e grande criminalità in generale, che si diceva non esistesse invece si è infiltrata eccome anche qui in Lombardia, c’è un comparto della Polizia che sta intervenendo in maniera egregia.
La microcriminalità è invece un problema che può essere visto in maniera marginale, ma in realtà pesa molto di più sulla vita e sulla quotidianità dei cittadini. Credo che l’impostazione della nuova amministrazione targata Pisapia in materia di microcriminalità si stia rivelando meno pesante rispetto alla precedente. Si dà per scontata una capacità di autoregolamentazione.

I risultati non ci sono, anzi la situazione è peggiorata, tanto più che la micro-criminalità va di pari passo con la crisi e la difficile situazione economica attuale. Quindi si dovrebbe cambiare impostazione.
In compenso, il sindaco di Milano ha subito regolarizzato il Leoncavallo. Lei è stato molto critico in proposito. Qual è la sua opinione?I percorsi devono essere fatti in maniera completa, non ha senso regolarizzare con l’unico scopo di evitare il problema senza risolverlo. In questo modo si danno segnali incoraggianti a chi vuole occupare abusivamente strutture di privati. Se il Comune decide di regolarizzare i centri sociali, lo faccia mettendo a disposizione strutture di proprietà comunale, altrimenti non ha alcun senso incoraggiare situazioni che possono creare conflitti come è stato nel caso del Leoncavallo.

Altra notizia di questi giorni arriva dalla provincia di Mantova, di cui Lei è stato presidente: la Cgil locale ha denunciato che le buste paga dei terremotati sono state azzerata dal recupero dell’Irpef. Come è possibile?Si tratta di una applicazione della norma in senso rigido, senza quel “grano salis” che non dovrebbe mancare mai in situazioni delicate che richiedono sensibilità e anche ragionevolezza. Non per tornare alla logica latina del “pater familias”, ma non si possono mettere le aziende in condizione di essere sgravate dall’Irpef rivalendosi poi in un’unica soluzione sui lavoratori perché i sostituti d’imposta non sono stati esclusi dalla sospensione dei pagamenti. I lavoratori perdono totalmente potere d’acquisto, con tutto ciò che ne consegue pure per l’economia del territorio

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