“così come nei quartieri multietnici delle grandi città, vedi in primis viale Padova a Milano, i commercianti stranieri addobbano le proprie vetrine con annunci scritti in arabo reclamizzando la vendita di carne o prodotti trattati secondo il rito islamico, così mi sembra più che corretto che anche altri negozi espongano un cartello che chiarisca agli avventori se si tratta di un’attività gestita da italiani o meno. Nulla di male se qualche commerciante abbia quindi pensato di chiarire la provenienza della merce esposta: i benpensanti non hanno mai fatto polemiche dinanzi ad insegne scritte in idiomi purtroppo incomprensibili, non vedo quindi perché qualcuno debba polemizzare se il cartello in oggetto abbia la colpa di indicare che quel negozio è gestito da commercianti del luogo. Invece di prendersela con chi cerca di svolgere il proprio lavoro, forse bisognerebbe prendersela con chi continua a decorare la propria vetrina di annunci scritti in lingue diverse dall’italiano, senza preoccuparsi di comunicare in maniera adeguata con il territorio sul quale ha deciso di aprire la propria attività”. Ci riferiamo all’episodio che ha visto una macelleria di Treviglio al centro di una bufera mediatica e politica, dopo l’esposizione di un cartello con scritto “negozio italiano”.
Nessun commento:
Posta un commento
Lascia un tuo commento