mercoledì 7 marzo 2012

Corriere della Sera - Caso tangenti, Bossi: vogliono sfasciarci

NEL PARTITO DICHIARAZIONI DI SOLIDARIETÀ, MA C'È ANCHE CHI PARLA DI «SISTEMA CHE VERRÀ FUORI»

Il giorno nero del Carroccio tra veleni e accuse Bossi: «Vogliono sfasciarci»

Il sindaco di Treviso Gobbo: dovrebbe dimettersi

MILANO - La tentazione di «buttarla in politica», nel Carroccio, è quasi irresistibile. Anche se le dichiarazioni riguardo all'indagine che ha coinvolto il presidente del consiglio lombardo, il leghista Davide Boni, hanno gradazioni e colori diversi. Ma c'è anche chi, a mezza bocca, parla di un «sistema» che «un bel giorno dovrà venir fuori». Come dire: ancora non abbiamo visto tutto.
A dare la linea, in ogni caso, è stata una frase di Umberto Bossi che nella Lega si è diffusa di bocca in bocca come una scossa elettrica a partire dal pomeriggio. Una sorta di elettrochoc che non poco ha contribuito nel rianimare il corpo di un movimento che sembrava tramortito dalla sorpresa: «Vogliono distruggerci - avrebbe detto il capo padano -. Usano tutti i mezzi, ma non ci riusciranno. Anzi, la Lega prenderà ancora più voti. Chissenefrega dei giudici... ».
A fornire una versione più articolata (ma anche più limitata) del pensiero bossiano è il capogruppo alla Camera, Giampaolo Dozzo: «Non ci sorprende affatto il comportamento della magistratura. Visto che una settimana dopo la presentazione dell'emendamento sulla responsabilità civile dei magistrati è arrivato un avviso di garanzia al firmatario di quel testo (Gianluca Pini, ndr), non ci sorprende che i magistrati abbiano un occhio di riguardo nei nostri confronti». Insomma, il coinvolgimento padano sarebbe una sorta di ritorsione dei magistrati. Mentre per Bossi, l'azione contro il Carroccio sarebbe su un piano più alto: «Colpire chi è fuori dal coro». L'interpretazione, insomma, dell'eurodeputato Matteo Salvini: «Non sono un complottista, ma posso dire che è sicuramente una coincidenza strana che si stia montando tutto un sistema intorno alla Lega, che è rimasta l'unica forza politica d'opposizione, anche mediaticamente parlando».
Insomma, sarebbe l'accerchiamento di una Lega che darebbe fastidio nel suo ruolo di intransigente opposizione. Un'autoassoluzione che, tuttavia, non convince tutti, neppure all'interno del partito. C'è chi butta lì un «ce l'aspettavamo». C'è chi fa allusivamente notare le espressioni fatte filtrare da palazzo di giustizia su un presunto «sistema Lega» finalizzato a «rastrellare» profitti. In realtà, le «esigenze di partito» di cui parlano le fonti giudiziarie, non sarebbero attribuibile a via Bellerio, il quartier generale della Lega, che infatti ha smentito tramite il tesoriere Francesco Belsito, sia pure in una formulazione un po' zoppicante: «Assicuro che siamo estranei a fatti dove si fa riferimento a ipotetici versamenti presso la cassa del partito e che si tratta quindi di insinuazioni infondate e lesive nei confronti del nostro Movimento». No, il «sistema» riguarderebbe soltanto alcuni dirigenti in grado di chiedere o addirittura imporre certi comportamenti. Con la garanzia dell'anonimato, c'è chi la racconta così: «L'essere indicati per certe posizioni, soprattutto di sottogoverno, prevede la gratitudine nei confronti di chi ha contribuito all'indicazione».
Ma la vicenda, una volta di più, mette in luce l'esistenza di due leghe. C'è il Carroccio dei militanti, della base, che non si capacita di quanto è accaduto a «Davide», una figura a Milano assai conosciuta e anche assai stimata. E che appare tramortita dal fatto che per la prima volta a un esponente di tale livello sia affiancata la parola «tangenti»: sulla pagina Facebook dell'esponente leghista e sulle altre pagine vicine al movimento in poche ore sono fioccate centinaia e centinaia di adesioni.
Poi, ci sono i piani medi e alti del movimento. In cui la tentazione di utilizzare la vicenda nell'eterna battaglia tra «barbari sognanti» e bossiani. Difficile, per esempio, non notare che un bossiano di ferro come il sindaco di Treviso Gian Paolo Gobbo sia piuttosto tiepido nella sua difesa del compagno di partito: «Sarà lui a decidere cosa fare. Ma se io fossi in lui mi dimetterei da presidente oggi stesso, anche per essere più libero nella difesa». Né si possono ignorare la soddisfazione e le ironie di alcuni esponenti legati al «cerchio magico» bossiano sulla «Lega degli onesti». In realtà, nella geografia del partito, Davide Boni nasce come uomo di Roberto Calderoli, anche se in periodi più recenti era stato dato come in avvicinamento all'ex ministro dell'Interno. Ad ogni modo, Boni ha concluso la giornata con un tweet: «Vi ringrazio tutti, appena posso vi rispondo ad uno ad uno in posta, buona serata, io non mi arrendo have a nice evening...». E la Padania ? Il quotidiano del partito oggi in edicola dedica alla vicenda soltanto un breve articolo nelle pagine interne basato sull'autodifesa di Boni che asserisce la sua «totale estraneità» ai fatti contestati.
Marco Cremonesi

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