sabato 21 luglio 2012

Discorso dell'On. Giancarlo Giorgetti alla Camera


GIANCARLO GIORGETTI. Signor Presidente, signor Ministro, la parte politica che le parla in questo momento è a favore dell'Europa, ma votò contro l'introduzione dell'euro e voterà contro il fiscal compact, questo Trattato.

Voterà in questo modo perché siamo contrari, come già eravamo contrari, a discussioni superficiali e al provincialismo tipico della politica italiana, quella che, al momento dell'introduzione dell'euro, vendette alla politica e all'opinione pubblica italiana l'euro come il paradiso che avrebbe risolto, da solo, tutti i mali dell'economia e della società italiana e che, purtroppo, si ripete anche in questa circostanza. Scelta di cui noi eravamo consapevoli allora e che fu fatta per scongiurare la spaccatura del Paese e anche, se vogliamo, per porre le condizioni affinché fosse poi ineluttabile il passaggio dalla moneta unica all'unificazione politica.

Allora, in quel clima di superficialismo, ci vendettero la teoria secondo cui con i tassi di interesse ridotti, di cui potevamo beneficiare con il nostro debito pubblico così massiccio, avremmo generato un periodo positivo per l'economia italiana. Naturalmente, tranne noi della Lega Nord, nessuno si ricordò di specificare che questo avrebbe significato una finanza pubblica restrittiva che, quindi, avrebbe, con l'aumento della pressione fiscale, strangolato le nostre imprese, e una moneta inevitabilmente rivalutata rispetto a quella a cui era abituata la nostra economia. Tutto ciò si è tradotto in tassi di interesse sì bassi, ma anche in una crescita modesta su base pluriennale.

L'equilibrio è saltato quando la recessione mondiale, indotta dall'impazzimento della finanza derivata, si è scontrata con le debolezze genetiche della moneta unica. Si è dimostrato che senza crescita economica un debito pubblico come quello italiano non è sostenibile. Non si tratta soltanto della speculazione internazionale, ma si tratta semplicemente della naturale osservazione che, non crescendo e non producendo ricchezza, nessun debito può essere rimborsato (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Chi nel mondo compie delle valutazioni, lo fa semplicemente su questo.

Ciò che si è venuto a creare è - ricorro a questa immagine - come una centrale nucleare. Ci avevano venduto la teoria secondo cui questa centrale nucleare avrebbe prodotto energia a bassissimo costo e senza rischi, però, nel nocciolo di questa fusione, si sono scontrati, come dicevo prima, la debolezza genetica dell'euro e la crisi della finanza derivata. Quindi, questa energia, che poteva essere prodotta a dismisura, quasi gratis, ha prodotto una serie di reazioni a catena che nessuno è in grado di controllare.

Al capezzale di questa centrale nucleare impazzita abbiamo chiamato i migliori ingegneri nucleari del mondo, i professori, coloro che hanno concepito la centrale nucleare e che avevano garantito che questa non sarebbe andata in crisi. I professori si affannano, non soltanto in Italia, attorno alla centrale nucleare per cercare di fermare l'incendio della finanza che divampa e che produce radiazioni che, tutto intorno, uccidono il lavoro e l'impresa. Questa è la realtà con cui ci confrontiamo.
Una delle tante ricette degli ingegneri nucleari, attorno alla centrale nucleare fuori controllo, è quella del fiscal compact, un'unificazione fiscale introdotta surrettiziamente, quasi di nascosto, senza grande dibattito, possibilmente senza farla conoscere al Paese perché il prezzo di questo accordo è pesantissimo non per i prossimi anni, ma per le prossime generazioni. Guardate che vi è un prezzo inevitabile che si deve pagare. Ma, come hanno ricordato i nostri amici Südtiroler Volkspartei - credo, onorevole Buttiglione, che non abbiano tutti i torti -, alle condizioni attuali, è insostenibile.

Devo dire che, almeno questa volta, lo abbiamo messo «nero su bianco». Arriva qui in Aula un Trattato che affida la gestione del futuro e della vita delle imprese e del lavoro di chi oggi è esposto a radiazioni a degli ingegneri, a dei professori, non legittimati dal popolo.

Questo difetto di legittimazione democratica è un problema serio, perché chi è malato ha almeno il diritto di scegliere da chi farsi curare.

Allora, queste procedure, queste procedure barocche, queste procedure contorte, queste procedure che fanno fatica ad essere governate da coloro che le hanno create, arrivano sempre, troppo, troppo tardi. Stiamo discutendo di misure che affannosamente si sono sovrapposte nel tempo, nel disperato tentativo di bloccare la fusione, che a catena si diffondeva nella centrale, sempre con esiti inferiori rispetto alle aspettative. Lo testimonia anche il MES, il provvedimento che approveremo dopo.
Onorevole Bottiglione - lo dico francamente - io non so se questo Paese sarà mai chiamato a tirare fuori 111 miliardi entro sette giorni ma, se lo farà e se accadrà, dovrà chiedere aiuto al Fondo monetario internazionale. Questa è una cosa implicita, non scritta, ma che è evidente a tutti: in sette giorni a chi chiediamo 111 miliardi?

Questa è la situazione e i popoli ed i Parlamenti sono messi contro il muro: devono ratificare tutti, anche la Corte costituzionale tedesca. Oggi c'è gente che accusa la Corte tedesca di essere contro l'Europa e di mettere a rischio l'euro e si accusa la Merkel. Guardate, io non riesco a non avere simpatia per la Merkel e per un popolo, le cui virtù noi trasformiamo in colpa. Ma vi rendete conto della situazione aberrante in cui ci veniamo a trovare? È la superficialità della politica italiana, per cui la colpa è sempre degli altri - e possibilmente in questo momento il capro espiatorio è la Merkel - e se battiamo la Germania siamo tutti contenti e abbiamo risolto i nostri problemi. È una cosa tragica, quasi ridicola.

Voglio concludere dicendo che la vera risposta, la giusta risposta, è che l'euro e l'economia europea si salvano soltanto con un'Europa politica federale, con i popoli che partecipano alla sua costruzione (Applausi dei deputati del gruppo Lega Nord Padania). Si sta facendo un'Europa di nascosto dai popoli e senza i popoli e, quindi, contro i popoli.

Parafrasando e richiamando una nota poesia, cari amici del Parlamento, possiamo dire: «ratificare è un po' morire». La verità è che più Europa significa meno Italia. Abbiamo il coraggio di dirlo? O forse, come è stato autorevolmente affermato, soltanto in seguito ad una grande crisi il popolo si convincerà che è meno peggio perdere sovranità?

La Lega Nord vuole l'Europa dei popoli e condivide il principio di sana finanza pubblica e non a caso ha votato il pareggio di bilancio in Costituzione. Ma senza coinvolgere il popolo, non si costruisce un'Europa forte politicamente ed economicamente.
Per questo motivo noi voteremo contro.

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