venerdì 27 luglio 2012

Megaconcerti e starlette tv, gli sprechi di Reggio Calabria

La festa è finita. Reggio Calabria non si diverte più: 87 milioni di buco accertati nel biennio 2008-2010, addirittura 170 tra il 2006 e il 2010, lo spettro dello scioglimento del Comune per infiltrazioni mafiose. E adesso anche il rinvio a giudizio per il governatore della Calabria ed ex sindaco della città dello Stretto, Giuseppe Scopelliti. L’accusa? Abuso d’ufficio e falso in atto pubblico per avere truccato i bilanci del Comune e finanziato il “modello Reggio”: un tourbillon di notti bianche, megaconcerti, starlette della scuderia di Lele Mora a passeggio sul corso Garibaldi, viaggi da e per la Spagna, consulenze a gogò e finanziamenti a pioggia.
Su quel modello la città si è ubriacata per anni e Scopelliti ha costruito le sue fortune elettorali. Al secondo mandato ha sbaragliato il candidato dell’opposizione con il 70 percento dei consensi. Così ha preparato il suo trampolino di lancio per arrivare allo scranno più alto della giunta regionale.
Adesso che la festa è finita resta il conto da pagare ed è salatissimo. Lo raccontano i giornalisti Giuseppe Baldessarro e Gianluca Ursini in un bel libro, Il caso Fallara. Storia del “modello Reggio e del suo tragico epilogo (Città del Sole). I due cronisti partono da un episodio drammatico che è l’emblema dell’intera vicenda reggina: lo strano suicidio di Orsola Fallara, donna di fiducia di Scopelliti e dirigente dell’Ufficio finanze e tributi del Comune. Quando la donna decide di togliersi la vita, nel dicembre 2010, la pressione su di lei è altissima: è accusata dall’opposizione di essersi liquidata somme da capogiro per alcune attività svolte per conto del Comune. La dirigente prima si difende come una leonessa, poi al culmine dello scandalo annuncia le dimissioni in un’infuocata conferenza stampa. La sera, inaspettatamente, si reca in auto al porto e ingerisce dell’acido muriatico. Morirà in ospedale, dopo due giorni di agonia.
È il caso Fallara di cui parla il libro: non si tratta solo di una vicenda di cronaca perché l’alta dirigente era una donna potente che per anni ha tenuto in mano i cordoni della borsa comunale. Attorno a lei, sostengono oggi i magistrati, ruotava tutto il sistema di ricche consulenze, bilanci truccati e artifici contabili, messo in atto per sostenere le spese folli volute dall’amministrazione comunale in quegli anni. Tra queste il mega-concerto di Elton John in memoria dello stilista reggino Gianni Versace, tenuto allo stadio “Granillo” il 9 giugno 2004. Uno show, rivelatosi poi un flop, costato alle casse comunali 360mila euro più spese accessorie come la concessione dello stadio, la pulizia e l’illuminazione dell’impianto. O l’acquisto dell’Italcitrus, il rudere di una ex fabbrica per la lavorazione degli agrumi, acquistato per 2 milioni e mezzo di euro per farne, in accordo con la Rai, un centro televisivo dal roboante nome di “Scuola di comunicazione del Mediterraneo”. Peccato che sull’immobile comprato in fretta e furia gravassero un’ipoteca, un pignoramento, una pratica di condono edilizio. E pure l’amianto, di cui la struttura è piena. Soldi pubblici gettati alle ortiche.
Reggio in quegli anni è una sorta di bancomat. Per “la città del divertimento” non si bada a spese: per la sola estate 2008 quasi un milione di euro vanno all’emittente radiofonica Rtl, che monopolizza l’Arena dello Stretto sul lungomare. Per non parlare dei concerti dei Duran Duran e di altri eventi, grandi e piccoli, per un totale di due milioni e mezzo di euro. Qualcuno conia lo slogan “credere, obbedire, ballare” mutuando il celebre motto fascista che Scopelliti conosce bene, essendo cresciuto tra le fila dell’Msi.
Tra i grandi eventi del 2008 c’è una mostra su Maria Callas, che ai contribuenti reggini costa 330mila euro. Solo sei anni prima la stessa esposizione di gioielli e abiti di scena della Diva era stata proposta in città, in uno spazio meno nobile di Villa Zerbi, al costo di 15mila euro. Dagli sprechi alla gestione privata della cosa pubblica il passo è breve. Affidare incarichi professionali a parenti e amici senza alcun criterio di selezione, liquidare somme ingenti per lavori mai svolti è prassi comune. Il caso più eclatante è quello dell’ingegnere Bruno Labate, ex compagno della Fallara, al quale – secondo una perizia della Procura - vengono accreditati 842mila euro per progetti mai realizzati. Scoperto dagli inquirenti, Labate è sotto processo per peculato e truffa aggravata: sta restituendo a rate le somme ricevute e ha chiesto il patteggiamento. 
La gestione allegra delle casse comunali si è trasformata in uno tsunami che, oltre a tre revisori dei conti, rischia di travolgere il governatore Scopelliti. Rinviati a giudizio, i quattro dovranno presentarsi davanti ai giudici del Tribunale di Reggio Calabria il prossimo 7 novembre. L’ex sindaco, oggi presidente della giunta regionale, si difende scaricando ogni responsabilità sulla Fallara e su altri suoi sottoposti. Afferma di non sapere cosa contenevano quegli atti che per anni ha firmato a iosa, confidando nell’onestà e professionalità dei dirigenti da lui nominati. Sarà ora la magistratura, nel processo che si celebrerà in autunno, a decidere se Scopelliti sapesse o meno come funzionava il tanto decantato “modello Reggio”.

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