giovedì 5 luglio 2012

Il personale della Sicilia costa 11 volte quello del Veneto


di LUIGI CORTINOVIS
Molte volte i numeri sono sufficienti per spiegare cosa è la tanto “benedetta redistribuzione”. Qualche giorno fa, abbiamo pubblicato quanto scritto dall’editorialista del “Washington Post”, Steven Pearlstein, che diceva papale papale una cosa: “Esistono due Italie”.
Altre volte, è sufficiente leggere la quarta di copertina di un libro – “Il Sacco del Nord” – per rammentare come funziona questo paese a forma di stivale: “Esiste un modo rigoroso per distinguere fra il reddito che un territorio produce e quello che riceve? Qual è il credito (o il debito) di ogni regione nei confronti di tutte le altre? A che cosa è dovuto l’eventuale debito? Troppa evasione fiscale? Troppa spesa pubblica? Troppa inefficienza nell’erogazione dei servizi? Se il federalismo dovesse fare sul serio, ossia attuare davvero qualche principio di giustizia territoriale, come cambierebbe la distribuzione delle risorse fra le regioni italiane? Per rispondere a queste e ad altre domande essenziali è necessario ricostruire dalle fondamenta la contabilità nazionale. Servono lenti nuove, per guardare l’Italia senza le lacune e le zone cieche della contabilità ufficiale. Ed è precisamente questo che fa la contabilità nazionale liberale, uno schema di analisi che riprende la distinzione classica tra settore produttivo e settore improduttivo dell’economia. Sulla base di questo schema e di un’immensa quantità di dati, raccolti non solo a livello nazionale ma singolarmente regione per regione, Luca Ricolfi fornisce una prima serie di risposte. E lungo il cammino non scopre solo le dimensioni del “sacco del nord”, oltre 50 miliardi che ogni anno se ne vanno ingiustificatamente dalle regioni settentrionali, ma tanti aspetti dell’Italia che non conoscevamo ancora”.
Altre volte ancora, basta un’immagine per trovare l’ennesima conferma.



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